Marcello Musacchi, delegato regionale per la catechesi, ha aperto la Tre giorni diocesana

«Occorre ripartire dalla realtà»

«L’iniziazione cristiana è caduta da cavallo». Così si potrebbe riassumere il tema della “Tre giorni diocesana” di quest’anno. L’icona che ha accompagnato la relazione introduttiva del diacono Marcello Musacchi, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano di Ferrara e delegato regionale per la catechesi dell’Emilia–Romagna, è stata la Conversione di san Paolo del Caravaggio: una caduta che apre la strada alla conversione. La metafora era stata proposta dall’Arcivescovo Castellucci al Convegno regionale sull’iniziazione cristiana, svoltosi a Bologna il 23 marzo, che ha visto impegnati catechisti ed educatori del servizio di pastorale giovanile.

«Rimesso a contatto con la terra, con l’humus (umiltà), Saulo, l’uomo della tradizione forte e della dottrina, l’uomo che combatte la guerra di Dio, diventa Paolo, l’uomo della piccolezza e della fragilità. Non è più lui che conquista, ma viene conquistato, non è più lui che merita, ma è soggetto della grazia, che trasfigura la sua vita – ha detto Musacchi – . Anche l’iniziazione cristiana è caduta da un cavallo che si è congedato dalle scene, quello della “cristianità”. Oggi, le nostre comunità sapranno custodire le vocazioni di ciascuno, in particolare dei giovani, se si lasceranno custodire dal Signore; saranno luoghi di riconciliazione, se si lasceranno riconciliare dalla sua forza perdonante; diventeranno occasioni per sperimentare l’amore di Dio, se si lasceranno amare». Questo aspetto è centrale, perchè iniziare alla vita cristiana è una vocazione comunitaria, come recita il punto 52 di Incontriamo Gesù, orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (Cei, 2014).

Nel contesto sociale, famigliare ed ecclesiale odierno, occorre «uno stile, diverso, molto diverso da quello di una catechesi scolastica,che metteva il fiocco della sintassi religiosa ad un “prodotto umano” già “confezionato” da scuola e famiglia», ha sottolineato il relatore.«Sono ormai più di 20 anni che ci interroghiamo: il percorso ha avuto il suo inizio dalla coscienza di sacerdoti e catechisti,convinti che non si potesse più andare avanti così. Un’ora settimanale di catechismo non può essere sufficiente per generare alla vita cristiana – ha spiegato Musacchi –. Col tempo, poi, è risultato chiaro che neanche il più sofisticato dei metodi avrebbe risolto la questione. Non si tratta di una riflessione fatta a tavolino, ma di una presa d’atto della realtà. Le cose già allora erano profondamente cambiate; oggi lo sono ancora di più, a tal punto, da non poter neppure pensare ad una veloce serie di cambiamenti, imposti da mode culturali, ma ad un vero e proprio cambiamento d’epoca». Non tenere conto di questo cambiamento significa rinunciare alla possibilità di annunciare il Vangelo nella vita delle persone. «Questa situazione ci ha obbligati a compiere un sano esodo dalle nostre false certezze, dalle programmazioni tutte orientate alla preparazione dei sacramenti. Ha inoltre drasticamente mutato le priorità delle agende pastorali – ha detto Musacchi –. Stiamo progressivamente accettando l’idea che la testimonianza sia il contesto fecondo, dove può trovare spazio una nuova vita. Forse un giorno smetteremo di chiedere sussidi e guarderemo alla vita in Cristo».