Sacrosantum Concilium: tra memoria e profezia

A mo’ di introduzione
 
 
 
 

L’altare girato verso l’assemblea e la Messa in italiano. Così, per molti, fu il Concilio Vaticano II. C’è ancora chi ricorda che cinquant’anni fa si andava ad ‘assistere’ alla Messa. Non erano pochi coloro che rimanevano sul sagrato della chiesa fino all’offertorio ed entravano per osservare il ‘precetto’ più che celebrare il giorno del Signore. Non è dunque un caso che i Padri Conciliari maturassero la convinzione che per giungere a una riforma autentica della vita
cristiana e della Chiesa, occorresse dare vita ad un cammino di riforma innanzitutto dal punto di vista liturgico.
Era il 4 dicembre 1963, quando con votazione plebiscitaria (4 contrari su 2147 favorevoli) veniva approvata la SC, prima Costituzione conciliare. Un evento storico di eccezionale importanza è da considerarsi perché, per la prima volta un Concilio ecumenico si interessava della liturgia nella sua globalità (nei suoi contenuti teologico-celebrativi e nella sua dimensione pastorale), ma anche perché, a distanza di quattro secoli esatti dalla chiusura del Concilio di Trento (4 dicembre 1563) – che con l’intento dell’unità disciplinare aveva prodotto l’uniformità e il fissismo dei riti liturgici -, il Concilio compiva una svolta radicale: quella di dichiarare la liturgia ‘culmine e fonte’ della vita della Chiesa (SC 10) e di fare ‘un’accurata riforma generale della liturgia’ (SC 21), fino a prevedere un profondo adattamento (una vera inculturazione) alle singole Chiese, pur nell’unità sostanziale del rito romano.
 
In allegato il testo    completo dell’intervento.
Qui  http://www.youtube.com/watch?v=H6ZKfyVUVjs&feature=youtu.be   è possibile ascoltare   l’intera conferenza