Questa sera alle 21 atto finale per il ciclo proposto dall'Ufficio Famiglia nella chiesa di San Faustino

Ultima tappa per Educhiamo l’affettività

A come adolescente affettività e autonomia, B come bellezza, C come contestazione e critiche, S come silenzi e sessualità, O come orario, U come umore. Così Cecilia Pirrone, psicoterapeuta relazionale, ha immerso nel mondo «adolescenza» i partecipanti alla seconda tappa del percorso Educhiamo l’affettività, lo scorso lunedì 4 febbraio. Con parole che rimandano a comunicazione, anche se si comunica soprattutto con la relazione, più che con le sole parole. È la relazione che si instaura con i figli che sovra–determina il contenuto ed è fondamentale che contenuto e relazione siano in sintonia.

Ma quale relazione costruire con i ragazzi? Aiuta a capire questo la simbolica storia del bruco e della farfalla. Alla farfalla (educatore) sembra impossibile riuscire a comunicare col bruco (adolescente), così diverso, così involuto nel suo bozzolo, ma l’adulto trova una parola nuova con cui chiamarlo: «crisalide». Questa parola nuova prelude ad un’altra storia, che si è sicuri avverrà: la trasformazione in farfalla, cioè porterà l’io dell’adolescente, incentrato su se stesso, a volare. Occorre essere fiduciosi che da quella crisalide uscirà un giorno una farfalla.

Cadono così nel rapportarsi all’adolescente le negazioni, le istruzioni, le brontolate, che non fanno che allontanarlo, rimane invece all’educatore il tempo di narrare la propria personale storia. Ma nel fare questo, occorre cogliere la diversità del ragazzo che abbiamo davanti. Gli adulti sono chiamati a meravigliarsi e stupirsi della diversità dei ragazzi: ognuno ha un suo modo di diventare quell’uomo, quella donna. Una seconda cosa da fare è testimoniare la bellezza del volo, cioè della vita, nonostante le confusioni relazionali presenti oggi in molte famiglie. I giovani vivono l’isolamento in tanti aspetti della loro vita: isolamento relazionale, isolamento virtuale, isolamento in famiglia, incasellati a volte anche nello sport e nello strumento che devono imparare a suonare. Basterebbe un «come stai?», per uscire da questa solitudine.

Dentro però c’è la speranza di trovare la direzione verso cui dirigersi, c’è il desiderio, c’è il saper attendere. Spesso il giovane esprime ai genitori le sue certezze assolute come provocazione, per vedere se sono resistenti e solidi nei loro valori, se sono credibili. Hanno bisogno di adulti «raccontatori di vita», che rispondano al loro subbuglio interiore.

Oggi, lunedì 11 febbraio, alle 21 nella chiesa di San Faustino ultimo appuntamento di Educhiamo l’affettività, con il vescovo Erio Castelucci che parlerà della tecnica comunicativa nel Vangelo.