Volontari, insieme «Si può fare» molto

«Ieri un genitore mi ha detto: “Quando mia figlia torna a casa dal servizio è felice: è un progetto che dovrebbero fare tutti i ragazzi”. E anche noi insegnanti notiamo, negli studenti che partecipano, una crescita nell’attenzione verso gli altri», così Michelina Facchino, insegnante di religione al «Selmi», riassume le conseguenze positive della partecipazione dei suoi studenti al progetto di promozione del volontariato Si può fare , organizzato dalla Caritas diocesana in collaborazione con l’Ufficio di animazione missionaria.
Mercoledì 8 maggio, presso gli spazi della parrocchia di Gesù Redentore, si è svolto l’incontro conclusivo del progetto, nel quale i partecipanti hanno riepilogato la loro esperienza tramite tre laboratori, dedicati alle dicotomie confini e scoperta degli altri, pregiudizio e conoscenza, casa e viaggio. Al termine dei laboratori si è svolta la consegna degli attestati e dei braccialetti
 #volontariocaritas, seguita da un buffet preparato dalla coop Oltremare.
«Il progetto
 Si può fare è ormai più che consolidato e quest’anno ha coinvolto 80 ragazzi appartenenti agli istituti “Selmi” e “Sigonio” e alla “International school of Modena”, che hanno svolto attività di volontariato in una ventina di contesti educativi e di solidarietà a Modena e provincia – spiega Paolo Rabboni, responsabile diocesano Servizio civile e proposte al mondo giovanile – Noi vogliamo che per loro il servizio si configuri non come qualcosa di sporadico, magari accumulando ore in un lasso breve di tempo per conseguire prima i crediti formativi, ma come un percorso di conoscenza e di responsabilizzazione. Senza contare che per molti di loro è il primo incontro con realtà cattoliche o un’occasione per tornare a frequentarle, dopo anni di assenza».
Le studentesse e gli studenti del «Sigonio» e del «Selmi» coinvolti nel progetto – un’ottantina, dicevamo, appartenenti alle terze e quarte superiori – hanno svolto opera di volontariato in orario pomeridiano extrascolastico (non si tratta quindi di alternanza scuola–lavoro), una volta alla settimana dal 12 novembre al 10 maggio, presso centri che si occupano di bambini, adolescenti, adulti in difficoltà, disabili e anziani. La maggior parte dei ragazzi ha prestato servizio nel settore dell’infanzia, nei Gruppi educativi territoriali (Get) «Il Ponte»
 (parrocchia del Tempio) e «Babele» (Fiorano), all’Oratorio «don Bosco» di Formigine e ai doposcuola di San Faustino, Santa Caterina e San Giovanni Evangelista, nonché ai centri di aggregazione giovanile della Madonnina e di Gesù Redentore e a «Netgarage@live» della cooperativa sociale «La Porta Bella». Altri hanno frequentato la Casa della carità di Cognento e quella di Gesù Redentore, il Centro mamme della Beata Vergine Addolorata, lo Spazio anziani della Madonna Pellegrina. Alcuni studenti hanno svolto servizio presso la Casa san Lazzaro, comunità socio–assistenziale per persone malate di Aids accanto all’omonima chiesa in via Emilia Est, o la «Casa sull’albero» e il Centro medie della coop sociale «Piccola città», rivolte ai bambini e ai ragazzi seguiti dai servizi sociali.
«Questa esperienza l’ho sentita mia perchè qualcosa di simile lo avevo vissuto in famiglia – ci dice Katia, 17 anni, che ha prestato servizio alla Casa della carità di Cognento – Credo che continuerò a frequentarla anche in futuro». Elena, compagna di classe di Katia al «Selmi» ha fatto animazione al get «Babele» di Fiorano e spiega: «Non conoscevo queste realtà, con i doposcuola e i laboratori, perchè non frequento una parrocchia. Ho scoperto un ambiente nuovo». Ha un anno in meno di loro Zaccaria, detto «Zac», solo sedicenne, che potrà quindi ripetere l’esperienza l’anno prossimo, in terza superiore. «Io ero alla “Casa sull’albero” e mi sono occupato di fare giocare i bambini delle elementari. Mi è piaciuto molto, e poi per me è normale perchè in famiglia siamo in tanti: ho un fratello maggiore e quattro minori, quindi in totale siamo sei figli – dice ridendo – Credo che della mia esperienza in questo progetto mi resterà soprattutto il ricordo della felicità che possiamo dare ai bambini. Ora mi resta da decidere se ripetere la stessa scelta il prossimo anno».