Va’ e anche tu fa’ lo stesso

Lunedì 11 febbraio, la Chiesa celebra la XXI Giornata Mondiale del Malato. Durante tutta la settimana le parrocchie sono invitate ad una particolare attenzione per la visita ai malati, nelle loro case, nelle strutture protette e negli ospedali. La settimana si conclude con la S. Messa diocesana dei malati con la celebrazione del sacramento dell’unzione degli infermi celebrata da mons. Antonio Lanfranchi, domenica 17 febbraio alle ore 15.30, presso la parrocchia della Sacra Famiglia. La domenica successiva, 24 febbraio ore 15, presso il Centro Famiglia di Nazareth, si celebrerà il 10° convegno diocesano di Pastorale della salute: ‘Va’ e anche tu fa’ lo stesso (Lc 10, 37): testimoni della Chiesa modenese nell’annuncio della fede e nella cura dei malati’.
Mons. Lanfranchi celebrerà l’eucarestia con i malati sabato 9 febbraio alle ore 16.30 all’Ospedale di Baggiovara e lunedì 11 febbraio alle ore 16 al Policlinico.
Ci prepariamo a questi momenti guidati dai due documenti: il Messaggio del Papa Benedetto XVI, scaricabile su  http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/sick/documents/ e   il sussidio della CEI, su www.chiesacattolica.it/salute :
 Il messaggio del Papa è incentrato sulla parabola del buon samaritano (Lc 10, 25-37). La parabola evangelica si inserisce in una serie di immagini e racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuole far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore. Ma, allo stesso tempo, con le parole conclusive della parabola del Buon Samaritano, ‘Va’ e anche tu fa’ lo stesso’ (Lc10,37), il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura. Si tratta di attingere dall’amore infinito di Dio, attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta, come il buon samaritano, nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse.
‘Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore’. Ciò che le parole del Papa esprimono, costituisce una acquisizione recente anche delle scienze umane: di fronte alla malattia grave, occorre se possibile lottare, con gli strumenti disponibili, per guarire e curare, ma è pure necessario saperci ‘stare’ dentro, accettare ciò che non si può cambiare e affiancare il malato nel vivere la propria esperienza dolorosa, per poterne fare un momento non di disperazione, ma se possibile di speranza e di crescita.
Vari Padri della Chiesa hanno visto nella figura del buon samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti Adamo, l’umanità smarrita e ferita per il proprio peccato. L’Anno della fede che stiamo vivendo costituisce un’occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto. A questo proposito, il Papa richiama alcune figure di santi, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale, affinché siano di esempio e di stimolo. Fra queste, santa Teresa del Bambino Gesù che seppe vivere ‘in unione profonda alla Passione di Gesù» la malattia che la condusse «alla morte attraverso grandi sofferenze’, il venerabile Luigi Novarese, che avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti. Il Papa poi ricorda Raoul Follereau e la beata Teresa di Calcutta che iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono ‘non voluti, non amati, non curati’ – e infine Sant’Anna Schäffer di Mindelstetten, canonizzata nel 2012: ‘il letto di dolore diventò cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario. Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio’. ‘Nel Vangelo emerge la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio sul Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce’.