Al via la Tre giorni diocesana

 

Mercoledì 6 giugno, al Centro Famiglia di Nazareth (Strada Formigina, 319 – Modena) si aprirà la Tre giorni diocesana, che proseguirà giovedì sera, per concludersi sabato mattina.

La Tre giorni diocesana è un significativo appuntamento annuale della Chiesa di Modena-Nonantola, nel corso del quale i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i catechisti e gli operatori pastorali tracciano un bilancio dell’anno appena concluso ed esplorano i temi che saranno al centro del nuovo anno pastorale, che si aprirà in autunno. La partecipazione è numerosa ogni anno e si aggira sulle 400 presenze.

Quest’anno, conformemente alla Lettera pastorale dell’Arcivescovo Erio Castellucci Parrocchia: Chiesa pellegrina tra le case (2017), il focus sarà sulla vita delle comunità parrocchiali, declinata in quattro ambiti: migrazione, fragilità, sport e oratori, lavoro.

La Tre giorni diocesana avrà inizio mercoledì 6 giugno alle 18.30 con i Vespri e una beve meditazione biblica, seguita dall’inizio dei lavori, alle ore 19.00. Alle 19.15 avrà luogo la relazione di don Antonio Ruccia, sacerdote dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto – presso la quale è parroco e direttore della Caritas diocesana – docente di Teologia pastorale alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà teologica di Bari, autore di diverse opere di pastorale. Seguirà dibattito fino alle 20.30, poi, dopo la pausa buffet, i lavori riprenderanno alle 21 con la presentazione dei quattro orizzonti missionari della parrocchia: migrazione, fragilità, sport e oratori, lavoro, seguita dalla preghiera finale alle 22.

Giovedì 7 giugno, sempre al Centro Famiglia di Nazareth, dopo i vespri e la meditazione biblica alle 18.30, verrà introdotta alle 19.00 l’attività per gruppi: i lavori di gruppo avranno luogo dalle 19.15 alle 21.

Sabato 9 giugno, il Centro Famiglia di Nazareth accoglierà i partecipanti dalle ore 09.15, quando avrà luogo la preghiera dell’Ora media, seguita dalla presentazione delle sintesi dei lavori di gruppo di giovedì sera. Alle ore 10.00, l’Arcivescovo Erio Castellucci svolgerà le conclusioni della Tre giorni diocesana. Sarà quindi presentata una proposta per l’anno pastorale 2018-2019. Dopo una breve pausa buffet, alle 11 sarà aperto il dibattito in assemblea fino alle 12.30, quando avrà luogo un momento conclusivo, con la preghiera finale e la benedizione.

Di seguito pubblichiamo l’intervento del Vescovo Castellucci che presenta la Tre giorni diocesana per clero e laici.

«Un anno solo non basta per riflettere sulla parrocchia »: nei diversi incontri vicariali e diocesani, a cui ho partecipato da settembre ad oggi, ho sentito più volte questa osservazione e ho pensato che andasse raccolta. Così, nei vari confronti con il consiglio episcopale, presbiterale e diaconale e con gli uffici di Curia, oltre che in tanti dialoghi spontanei con singoli e gruppi, si è andato precisando l’argomento del prossimo anno: ancora la parrocchia, dunque, ma da un’ottica diversa.

Nell’anno pastorale che si sta concludendo abbiamo puntato i riflettori sull’identità della comunità parrocchiale, cercando di individuarne i doni essenziali: la parola di Dio, i sacramenti, la fraternità. Doni che si riassumono nella celebrazione eucaristica, vero carburante e cemento delle nostre comunità. Abbiamo anche lasciato emergere, con franchezza, le malattie che affliggono le parrocchie: soprattutto una certa immobilità, il chiacchiericcio, il pessimismo, il lamento e la mania di contarsi. Abbiamo poi avviato un percorso di snellimento, quasi una “dieta” comunitaria, che riguarda la presenza e il funzionamento delle strutture e la rivisitazione del territorio, pensando ad una pastorale più dinamica.

Questo desiderio missionario muove anche il secondo anno di confronto sulla parrocchia. Il testo di riferimento è sempre il n. 28 di “Evangelii Gaudium”, dove papa Francesco tra l’altro scrive che «l’appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente, e siano ambiti di comunione viva e di partecipazione, e si orientino completamente verso la missione». Sembrano particolarmente urgenti quattro “luoghi” nei quali la vita concreta delle persone interroga le nostre parrocchie: il mondo del lavoro, l’esperienza del dolore, le attività sportive e oratoriali, l’incontro con i migranti. Ad altri “luoghi” importanti, la famiglia e la casa, abbiamo dedicato l’anno pastorale 2016– 2017; e ad altri due vorremmo dedicare i successivi: l’iniziazione cristiana dei ragazzi e l’universo dei giovani. Perché proprio questi quattro orizzonti: lavoro, sofferenza, sport–oratorio e migrazioni? Perché rappresentano quel “mondo” con il quale la Chiesa è chiamata a mettersi in relazione, per vivere la fedeltà al mandato di Gesù risorto: andare in tutto il mondo, predicare fino ai confini della terra, annunciare il Vangelo ad ogni uomo. Non faremo della teoria sul lavoro e la sofferenza, sullo sport e le migrazioni; ci chiederemo invece che cosa significa concretamente essere parrocchia – vivere cioè la missione di annunciare Cristo con la vita, le opere e le parole – di fronte a queste grandi sfide. Non possiamo chiuderci nel cerchio delle nostre attività, quasi che i problemi del mondo debbano rimanere fuori dalla celebrazione eucaristica, dalla catechesi e dalla vita fraterna di una comunità. Non possiamo nemmeno limitarci ad affidare al buon cuore dei singoli (che grazie a Dio sono tanti) l’attenzione a questi “luoghi”, come se richiedessero delle specializzazioni e delle deleghe. E non possiamo, infine, accontentarci di rispondere a delle emergenze, quali oggi in effetti sono il lavoro, l’educazione, le migrazioni e le sofferenze. Il Risorto ci ha dato doni necessari e sufficienti per lasciarci provocare e trovare i modi di testimoniare la gioia del Vangelo anche nelle situazioni difficili. Le parrocchie stanno già facendo molto, spesso più di altri e alcune volte al di sopra delle loro possibilità. Non si tratta tanto di aggiungere delle attività, quanto di rinnovarci e rimanere aperti alla voce dello Spirito, che parla anche attraverso gli uomini del nostro tempo.