DON GIORGIO GOVONI Comitato “Voci Vere”, la presa di posizione e la replica dell’Arcivescovo e dell’Avv. Amodeo

COMUNICATO STAMPA

In merito alla duplice presa di posizione ufficiale da parte del Comitato “Voci Vere” sulla Nota che l’Arcidiocesi (non: “la Curia”) di Modena-Nonantola ha pubblicato nel suo sito il 22 maggio u.s. circa i procedimenti processuali di don Giorgio Govoni, replicano Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola (I.) e l’avv. Serafino Amodeo, uno dei legali incaricati dall’Arcidiocesi (II.).

I.

Gentile Presidente ing. Bindi, La ringrazio per l’attenzione riservata alla Nota dell’Arcidiocesi. Benché i toni della Sua reazione mi siano apparsi scomposti, e lasciando ai legali incaricati dalla Diocesi la replica circa le questioni di carattere tecnico (ved. parte II), Le chiedo di dirmi quando avrei “rifiutato di incontrare le vittime”, come da Lei dichiarato.

Preciso che tale eventuale incontro non sarebbe stato comunque rilevante in ordine alla ricerca affidata ai suddetti legali, perché questa ha ripercorso unicamente gli atti processuali, specialmente le sentenze, per precisare ciò che si poteva dire o meno del ruolo svolto da don Giorgio, a fronte di molte supposizioni. Lei, tra l’altro, rilancia opinioni già riportate nel sito di “Voci Vere”, tese a screditarlo come sacerdote e parroco, mentre coloro che lo hanno conosciuto come pastore smentiscono concordemente queste voci, dando buona testimonianza di lui e della sua opera ancora oggi.

Lascio poi da parte il processo alle mie intenzioni, da Lei frettolosamente intentato, quando immagina che io abbia assunto “il teorema di Veleno” e che “la Chiesa” (questo è detto con più chiarezza nel Comunicato stampa di “Voci Vere” del 5 giugno, benché si continui ad usare l’improprio soggetto “la Curia”) esprima con questa sua Nota una “innegabile solidarietà” a “coloro che furono condannati per reati gravissimi e un totale disinteresse per le vittime”. Si tratta di una dichiarazione irricevibile, al limite della diffamazione. Lei evidentemente non sa quanto e cosa stiamo facendo come Chiesa per le vittime – tutte le vittime, non solo quelle di reati perpetrati in ambienti ecclesiali o che coinvolgono ministri e operatori pastorali – e quindi La invito a moderare i toni e i giudizi.

Ma torno, e finisco, sulla mia domanda: quand’è che avrei “rifiutato di incontrare le vittime”? Non ho mai rifiutato di farlo in nessun caso, se richiesto, e non l’avrei certamente fatto in questa circostanza. Ricordo un’unica proposta in questo senso, da parte del Comitato “Voci Vere”, nell’autunno del 2019. E ricordo che accolsi la richiesta, incontrando in arcivescovado a Modena una delegazione, insieme ad alcuni di coloro che all’epoca dei fatti erano bambini, sabato 2 novembre 2019. Dovrebbe ricordarsene anche Lei, se non altro per il fatto che era presente. Di altre richieste non ho traccia: se ho perso un passaggio, mi documenti pure la lacuna e farò ammenda senza alcun problema.

Infine, come già alla fine della Nota del 22 maggio, esprimo nuovamente piena “solidarietà ai parenti e amici di don Govoni e a tutti coloro che – in primis i bambini di allora e le loro famiglie – sono stati in qualsiasi modo vittime, in queste drammatiche vicende”. Forse questa conclusione Le era sfuggita.

Erio Castellucci

II.

In primo luogo, si rileva che le indagini svolte sulle sentenze riguardanti i tre processi dei c.d. “diavoli della bassa” si sono concentrate sull’analisi della posizione di don Giorgio Govoni e non di tutte le persone coinvolte. Dalle sentenze dei tre processi risulta che solo nel c.d. “processo pedofili della bassa bis” ci siano capi di imputazione a carico di don Giorgio Govoni. Non si è mai negato che altre persone in tali processi abbiano subito delle condanne; non si condivide quindi l’assunto del Comitato “Voci Vere” secondo cui se in uno o più processi, variamente connessi tra loro, alcune persone vengono condannate automaticamente anche le altre (coimputate o imputate anche per altri reati) devono considerarsi colpevoli.

Ad onor del vero, nei vari giudizi relativi al caso dei “diavoli della bassa” ci sono state condanne ed assoluzioni. Nel c.d. “processo pedofili della bassa ter”, ad esempio, una coppia di coniugi che era stata imputata per aver commesso atti sessuali nei confronti dei loro figli, dopo un lungo iter giudiziario, è stata assolta in via definitiva per non aver commesso il fatto. Ancora, nel processo “pedofili bis” uno dei genitori imputato per atti sessuali nei confronti della figlia è stato assolto, dopo un lungo iter giudiziario, “per non aver commesso il fatto quanto al concorso morale negli abusi sessuali con altri e perché il fatto non sussiste con riferimento agli abusi sessuali commessi direttamente” (Corte d’Appello di Bologna, sentenza n. 899 depositata il 6 giugno 2006).

Passando al merito della posizione di don Giorgio, si rileva quanto segue. L’ing. Bindi afferma che nella Nota dell’Arcidiocesi (non: “della Curia”) del 22 maggio 2023 si sarebbe affermato che, poiché i coimputati con il sacerdote per i riti cimiteriali sono stati assolti, allora si può presumere che anche don Giorgio Govoni sarebbe stato assolto. Quanto scritto in quella Nota è ben diverso da quanto sostenuto dall’ing. Bindi sui social. Leggendo la sentenza della Corte d’Appello di Bologna (sentenza n. 1657 depositata l’8 ottobre 2001, cfr. pagg. 111 e ss.) se ne deduce che secondo la Corte i riti cimiteriali non hanno avuto luogo. La Corte, in particolare, ha rilevato l’assoluta carenza di prove elencando (in via esemplificativa) l’inverosimiglianza di alcuni dettagli relativi a tali episodi che qui si riportano:

1) non sono stati individuati i luoghi esatti ove tali riti avrebbero trovato compimento “a causa delle stesse indicazioni spesso generiche dei minori” (pag. 111);

2) non sono state rinvenute tracce ematiche o di sommovimento della terra cimiteriale o di spostamento di lapidi (pag. 112);

3) nessuna testimonianza è stata assunta a suffragio anche indiziario dell’esistenza di questi riti asseritamente avvenuti “peraltro in più cimiteri e ad opera di più persone, in paesi, oltretutto, di poche migliaia di abitanti” (pag. 112);

4) è ineludibile l’inverosimiglianza delle modalità dei racconti con riferimento a detti rituali (pagg. 113 – 116);

5) non hanno trovato alcun riscontro le uccisioni riferite dai diversi minori, vuoi in relazione ai numerosi bambini sacrificati, vuoi con riguardo ad un uomo che sarebbe stato colpevole di essere stato troppo curioso per quanto accadeva nel cimitero cittadino. Nessuna denuncia di persona scomparsa è stata inoltre mai presentata in quel periodo, né di adulti, né tantomeno di minori (pagg. 116 – 117);

6) nessun valido e convincente indizio ha consentito di porre in collegamento il gruppo dei c.d. “finalesi” e quelli di Mirandola (pagg. 117 – 118);

7) non vi è riscontro incrociato tra le dichiarazioni dei minori circa la presenza degli stessi (pagg. 118 – 120);

8) nessun seguito giudiziario hanno avuto le dichiarazioni dei bambini circa gli omicidi asseritamente da loro commessi insieme agli adulti (pag. 120).

Quindi, riportandosi a quanto motivato nella suddetta sentenza, è ragionevole affermare che non vi sono stati riscontri probatori sullo svolgimento dei riti cimiteriali e, conseguentemente, che don Giorgio Govoni non può avere partecipato ad eventi che… non si sono svolti. Non solo, seguendo la logica del comunicato di “Voci Vere”, se si accettasse l’assunto secondo cui l’assoluzione dei coimputati con il sacerdote per i riti cimiteriali non può escludere la colpevolezza del sacerdote, si affermerebbe implicitamente la possibilità che sia stato solo don Giorgio a celebrare i riti satanici. Ma se così fosse, ne deriverebbe uno scenario differente da quello narrato dai bambini circa la presenza di più persone a tali eventi.

L’Arcidiocesi ed i suoi legali non hanno inteso screditare nessuno dei bambini coinvolti in tali vicende, essendosi invece limitati a prendere atto di quanto deciso dalla magistratura su tali eventi.

Il comunicato del 5 giugno 2023 del Comitato “Voci Vere” nulla riferisce circa l’imputazione a carico di don Govoni e di un insegnante in relazione al prelievo di un minore dalla scuola frequentata da quest’ultimo. Secondo la Corte d’Appello di Bologna tale episodio non ha trovato evidenze. In particolare, è stato affermato che l’episodio è rimasto privo di adeguato riscontro in quanto, tra le altre cose, è apparso improbabile che la presenza di “Giorgio Uno” e “Giorgio Due” all’interno della struttura scolastica nell’aprile 1998 non abbia potuto lasciare alcuna traccia in termini di testimoni oculari (cfr. sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 1657 depositata l’8 ottobre 2001, pagg.156-161).

Per quanto riguarda il capo di imputazione relativo a presunte violenze sessuali perpetrate dal sacerdote nei confronti di due minori nel dicembre 1996, in prossimità delle festività natalizie, la sentenza della Corte d’Appello non si è pronunciata per l’intervenuta morte dell’imputato. Ad ogni modo, si evidenzia che uno dei minori asseritamente coinvolti non narrò nulla su tale episodio e di recente entrambi i minori (oggi adulti) hanno ritrattato le loro narrazioni. A questo riguardo, il Comitato “Voci Vere” sul proprio sito cita le sentenze nn. 1207 e 1208 del 22.9.2020 della Corte d’Appello di Ancona e la sentenza n. 16566 del 11.1.2022 della Corte di Cassazione, con le quali sarebbero “avallate le istanze sempre sostenute dal nostro Comitato Voci Vere” anche in relazione alla credibilità dei minori (ved. https://www.vocivere.org/i-processi-recenti). Prefigurandosi che sul punto verranno citate queste sentenze, si invita il Comitato a condividere tali pronunce, al fine di vagliarne l’intero contenuto e non solo alcuni stralci selezionati.

Serafino Amodeo

 

Modena, 19 giugno 2023