La giornata del malato in diocesi

 

 
Con l’aiuto della Scheda teologico-pastorale dei Vescovi, ci prepariamo alla S. Messa diocesana dei malati di Domenica 15 Febbraio ore 15, nella Parrocchia di S. Teresa. Pregheremo per il nostro Vescovo, Mons Antonio Lanfranchi, perché il Signore lo aiuti in questo momento difficile della sua malattia.
 
I Vescovi ci invitano a vivere la Giornata Mondiale per la Salute con attenzione anche al prossimo 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze: “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”.
Ogni uomo ha sempre bisogno dello Spirito di sapienza per cogliere i segni della presenza provvidente e misericordiosa di Dio, conoscere la sua volontà, discernere il bene dal male. Ancor più bisogno quando la malattia bussa alla porta, ancor più se aggressiva e prolungata. «Signore fa che io veda» (Lc 18,41); «Donaci la sapienza del cuore!». Scrive papa Francesco: «La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino» «Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell’amore”.
La Chiesa continua la missione di Gesù. Come Lui dobbiamo guardare ai ciechi e agli zoppi delle nostre comunità per portare parola e cura: evangelizzazione e dimensione caritativa. E’ ancora più necessario in questo tempo difficile nel quale aumentano la povertà e la difficoltà ad accedere alle cure necessarie. Scrivono i Vescovi italiani: «I “diritti dei deboli” si fanno, giorno dopo giorno, “diritti deboli”: quelli dei disabili, della sofferenza psichica, dei lungodegenti, degli inguaribili, dei malati cronici, di quanti necessitano di riabilitazione intensiva», ciò «a causa di una visione riduttiva della persona umana e di interessi economici».
 
Quest’anno la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato assume, per la Chiesa italiana, un significato particolare, per il cammino che sta compiendo verso il 5° Convegno ecclesiale di Firenze: “In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”.
Dunque «chi segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo» (Gaudium et spes 22). La storia insegna che ogni descrizione dell’uomo data nel tempo non è che un capitolo di un libro che non potrà mai essere completamente esaurito. I cambiamenti socio-culturali ripropongono costantemente la “questione antropologica” e una riformulazione delle risposte alle questioni fondamentali: l’origine della persona umana, le sue condizioni esistenziali, il suo futuro, la presenza del male, della sofferenza e della morte. La Chiesa è consapevole che soltanto nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo e che Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione (cfr. Gaudium et spes 22). Per comprendere la propria identità, l’uomo deve contemplare non solo gli aspetti grandiosi che riempiono di stupore il salmista («Cos’è l’uomo perché te ne curi? L’hai fatto poco meno degli angeli»), ma anche quelli che riconducono alla dimensione fragile e vulnerabile del proprio essere, la malattia, il dolore e la morte. La persona umana è chiamata a realizzare la propria vocazione sia combattendo contro tutto ciò che può compromettere la propria integrità a livello bio-psico-spirituale, sia integrando il negativo che non può eliminare, riempiendolo di senso.
È questo un cammino arduo nel quale non mancano grida di dolore e domande di “Perché?”. Gesù, Christus medicus, ha sanato ogni sorta d’infermità, e Christus patiens, ha fatto della propria sofferenza una fonte di guarigione-salvezza per gli uomini: “Dalle sue piaghe siamo stati guariti” (cfr. Is 53,5; Mt 8, 16-17). Precisa il Cardinal Martini: «Gesù non ha inventato la sofferenza, la croce: l’ha incontrata lungo il proprio cammino, come ogni uomo. La novità che egli ha inventato è stata quella di mettere nella croce un germe di amore. Così la croce è diventata la strada che porta alla vita, messaggio d’amore, sorgente di calore trasformante per l’uomo».
Questa visione dell’uomo, vero nuovo umanesimo, teso alla propria realizzazione anche attraverso l’integrazione della dimensione negativa della vita, trova un fattore insostituibile di promozione nella solidarietà verso chi soffre. Per il cristiano essa assume i colori dell’agape: egli è chiamato a essere Cristo per i sofferenti e a incontrare Cristo nei sofferenti (cfr. Mt 25,36).
I Vescovi ci riportano alcune considerazioni coclusive.
Poiché la domanda di salute cela in sé, anche inespressa, una domanda di salvezza, è utile porre l’attenzione ad un modello antropologico che guardi all’uomo nelle sue molteplici dimensioni: fisico-biologica, psichica, sociale, culturale, spirituale e religiosa, nella convinzione che ha bisogno di pane come di senso. Per questo Papa Francesco invita a «promuovere una formazione che crei persone capaci di scendere nella notte senza essere invase dal buio; di ascoltare l’illusione di tanti senza lasciarsi sedurre; di accogliere le delusioni, senza disperarsi».
Nelle situazioni estreme emergono le domande essenziali dell’essere umano, rivelatrici di verità che vanno al di là dell’appartenenza religiosa, culturale ed etnica. È una fase della vita nella quale il malato e il sofferente avvertono come bisogno essenziale la relazione interpersonale, elemento decisivo anche dal punto di vista terapeutico e pastorale.
Infine, appare urgente un rinnovato impegno per concorrere con più decisione all’umanizzazione del mondo della salute, consapevoli che essa è già ‘attività evangelizzatrice’. Fattori disumanizzanti toccano sia l’organizzazione delle cure che il senso e lo sviluppo integrale dell’individuo. L’attenzione va posta ad entrambi i fronti: cure a misura d’uomo e accompagnamento del malato in tutti i suoi bisogni, affinché percepisca inalterata la sua dignità di persona, soprattutto quando la malattia si fa grave o cronica.
 
In occasione della XXIII Giornata Mondiale del Malato, sarà celebrata la Messa diocesana con i malati domenica 15 febbraio, alle ore 15.30 nella chiesa di S. Teresa, con la liturgia dell’unzione degli infermi; la celebrazione sarà presieduta dal vicario generale, mons. Giacomo Morandi,
e animata da comunità parrocchiale, Unitalsi e Centro Volontari della Sofferenza. Sono invitati ammalati, famiglie, volontari, operatori socio-sanitari; alla celebrazione seguirà un rinfresco.