«La pace per noi non è la pace comoda di chi dice “lasciatemi in pace”, ma quella pasquale di Cristo, che domanda conversione personale e comunitaria e richiede di praticare l’ascolto del Vangelo, l’ascolto reciproco, di smussare l’orgoglio». Così, all’assemblea interdiocesana di apertura dell’anno pastorale, la mattina di sabato 20 settembre a Gesù Redentore, l’Arcivescovo ha ribadito il significato di quella pace che deve caratterizzare la vita delle comunità cristiane per poterle rendere “lievito di pace” in un mondo in tumulto. L’assemblea si è aperta con la preghiera e con il brano biblico tratto dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi (Fil. 4,47) nella quale l’apostolo delle genti esorta: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti», commentata dal Vicario Generale don Giuliano Gazzetti che ha sottolineato come la gioia cristiana sia «un frutto indubitabile della presenza del Signore» e come «da questa gioia proviene una certa affabilità nelle relazioni che porta al riconoscimento di un dono che è Cristo stesso». Don Gazzetti ha quindi presentato il volume «Preferirei essere chiamato per nome» , pubblicato da «Nostro Tempo» per celebrare il decimo anniversario dell’ingresso in diocesi di monsignor Castellucci, consegnato all’Arcivescovo e distribuito ai presenti. L’intervento del Vescovo ha affrontato i temi contenuti nella lettera pastorale alle due diocesi, “Cristo è la nostra pace” disarmata e disarmante.
«Come Chiesa respiriamo e soffriamo delle stesse crisi di tutta l’umanità ed usufruiamo e godiamo delle stesse gioie di tutta l’umanità – ha detto l’Arcivescovo, citando la costituzione conciliare Gaudium et spes – . Diciamo che come Chiesa siamo in crisi, ma se il mondo è in crisi e noi non lo fossimo, vivremmo in una bolla, non saremmo discepoli del Signore che camminava per le strade del mondo incontrando le persone con le loro gioie e le loro angosce». Alla crisi, ha detto Castellucci, non si reagisce in modo individualistico, cercando un rifugio comodo, ma standoci dentro cristianamente. Ovvero con i cinque verbi che papa Leone ha raccolto da papa Francesco, che si ricollegava al magistero dei predecessori: sdegnarsi, dialogare, pregare, aiutare, testimoniare. La Chiesa non è un esercito, ma un lievito di concordia e «pensare la Chiesa come lievito di pace e di concordia significa cercare innanzitutto Dio e la sua giustizia, senza preoccuparsi troppo dei risultati», ha detto Castellucci, sottolineando che «il lievito, però, per essere efficace deve mantenere la sua natura; se è avariato finisce per guastare la pasta: come potremo sdegnarci veramente se non siamo uniti tra noi? Come potremo dialogare efficacemente, pregare, aiutare, testimoniare, se non siamo in pace tra noi?». Il Vescovo ha quindi sottolineato come «i conflitti nelle nostre comunità cristiane svigoriscono tutto, a cominciare dalla preghiera, che non può essere una delega comoda a Dio, ma anche la testimonianza, perché senza pace tra di noi sarebbe vuota». Citando la domanda paolina «è forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13), monsignor Castellucci ha trattato la riorganizzazione delle strutture diocesane nell’ambito del cammino di unificazione tra l’Arcidiocesi di Modena-Nonantola e la Diocesi di Carpi, spiegando come esso debba procedere in modo sinodale, con la capacità da parte di tutti di offrire contributi critici ma senza strappi, ricordando che «la passione per l’insieme è oggi la grande profezia, che mi induce a rinunciare a iniziative che possono essere divisive, a relativizzare i miei carismi, i miei doni singoli, e metterli a servizio del tutto». Anche la riorganizzazione dei servizi diocesani – con la scelta del nome “servizio” anziché “ufficio” per accentuarne il carattere sinodale rispetto alle esperienze di vita cristiana delle comunità sul territorio e la riorganizzazione dei vicariati per aree territoriali omogenee, rispondono a questa esigenza di conversione. Don Maurizio Trevisan, vicario episcopale per la pastorale, ha quindi illustrato la riorganizzazione dei servizi nelle due grandi aree dell’annuncio e della prossimità: «Vorremmo unire le forze in una logica di sussidiarietà, di solidarietà e di prossimità», ha detto, citando anche le esperienze di riorganizzazione delle parrocchie e sottolineando: «Siamo chiamati a costruire fraternità, non solo buon vicinato». Dopo l’intervento di Simone Ghelfi e Francesco Panigadi – responsabili laici delle due aree dell’annuncio e della prossimità – e della responsabile di segreteria Alessandra Gallo, che ha ricordato la veglia interdiocesana per la pace del prossimo 4 ottobre nel Duomo di Carpi, don Trevisan ha annunciato le tempistiche che condurranno alla effettiva composizione delle nuove assemblee vicariali. L’assemblea si è conclusa con il conferimento del mandato agli operatori pastorali.
Pubblicato domenica 21 settembre sul settimanale diocesano “Nostro Tempo”, dorso di Avvenire