Lo stemma di mons. Castellucci

Lo scudo, dalla forma “sagomata”, è cosi araldicamente descritto:
Interzato in pergola. Nel primo: troncato fiammeggiato; in a): d’argento alla stella (8) d’azzurro, in b): di rosso pieno; nel secondo: d’azzurro, alla Croce di S. Geminiano d’argento; nel terzo: d’oro al pastorale sovrapposto alla lettera M diaprata e accollato dalla lettera S più piccola (monogramma di S. Mercuriale), il tutto di rosso.
Il motto: ADIUTORES GAUDII VESTRI, che è in lettere maiuscole lapidarie romane è caricato su di un cartiglio svolazzante al naturale e foderato di rosso.
In punta allo scudo, è collocato il Pallio, insegna della Giurisdizione Metropolitana e segno di comunione con il Romano Pontefice. E’ rappresentato da un nastro di lana (bianca) circolare, con due pendenti: nella parte anteriore e posteriore, terminanti con due lingue di nero e caricato o “ornato” di crocette patenti sempre di nero. 
Lo scudo, accollato ad una croce doppia d’oro gemmata d’azzurro, è timbrato da un cappello prelatizio (galero) di colore verde, dal quale pendono 20 (venti) fiocchi, (10 [dieci] per lato), dello stesso colore, disposti 1, 2, 3, 4.
Gli ornamenti esteriori su descritti, in araldica indicano la dignità arcivescovile.
 
Interpretazione simbolico-teologica dello stemma
 
Lo stemma è contraddistinto da uno scudo interzato in pergola, cioè a forma di Y, ed è caratterizzato da simboli che rimandano al cuore delle Comunità cristiane forlivese e modenese. Per la prima la Madonna del Fuoco e san Mercuriale; per la seconda la Croce di san Geminiano. I metalli (oro e argento) e gli smalti (azzurro e rosso) compongono nei loro accostamenti i colori della città di Modena (oro e azzurro) e di quella di Forlì (argento e rosso).
Il tutto è corredato dalle insegne proprie dell’Arcivescovo metropolita: il galero ovvero il cappello verde a tesa larga, con dieci fiocchi pendenti per lato, la croce a due traverse (dignità arcivescovile), il pallio e il cartiglio con il motto Adiutores gaudii vestri.
 
 
Motto: Adiutores gaudii vestri
 
Il motto scelto dal nuovo pastore di Modena-Nonantola, Collaboratori della vostra gioia, è tratto dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinti (2 Cor. 2,24), ritenuta dall’arcivescovo eletto Erio come «una delle sintesi più riuscite del ministero». La lettera segue probabilmente momenti di forte tensione sorti fra i cristiani di Corinto e l’apostolo Paolo; il quale, evidenziando il fine del suo ministero e rafforzando paternamente il legame ecclesiale ritrovato, afferma: «Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siate saldi».
Il versetto paolino e il motto ruotano attorno al tema della gioia, lo stesso che introduce le linee programmatiche per il cammino della Chiesa nei prossimi anni indicate da papa Francesco nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. Gioia che consiste nella consapevolezza del cuore e della mente di sapersi amati da Dio: «il Dio che ha manifestato il suo immenso amore in Cristo morto e risorto». Causa e protagonista principale di questa gioia è Dio-Comunione.
 
Primo campo
 
Il primo campo dello scudo, troncato e fiammeggiato, è contraddistinto da una stella azzurra ad otto punte su fondo argento e rosso: nel suo insieme esprime simbolicamente l’immagine della Madonna del fuoco, patrona della diocesi di Forlì-Bertinoro. Nel febbraio 1428 scampò miracolosamente al devastante incendio che distrusse completamente la scuola in cui era esposta.
La stella azzurra a otto punte è uno dei simboli caratterizzanti l’iconografia mariana. Di derivazione astronomica, esso evoca il pianeta Venere, l’astro più luminoso che precede il sorgere del sole. La consuetudine di raffigurare Venere come una stella a otto punte deriva dalla sua intensa luminosità che con il ciclo delle sue fasi corrispondenti a otto anni terrestri era facilmente associabile al numero 8, simbolo sacro dell’infinito e del femminino. Il cristianesimo reinterpreterà il simbolismo femminile del pianeta Venere facendone un attributo tipicamente mariano. Come il pianeta venere precede e annuncia al termine della notte il sorgere del Sole, così Maria precede e permette l’incarnazione di Dio in Gesù Cristo, Sole di Giustizia.
Il riferimento al disastroso incendio dal quale risultò emergere intatta l’immagine di Maria con il Bambino è rappresentato dal rosso fiammeggiante. Il colore rosso, simbolo di gioia, forza e passione, con il cristianesimo evocherà il sangue versato di Cristo e quindi l’amore gratuito di Dio fatto uomo per l’umanità. La fiamma evoca anche lo Spirito Santo disceso su Maria e gli Apostoli nel giorno di Pentecoste, inaugurando così l’attività missionaria della Chiesa.
 
Secondo campo
 
Sul secondo campo, d’azzurro, campeggia la croce di san Geminiano vescovo di Modena. L’azzurro è un inequivocabile rimando agli spazi smisurati del cielo e proprio per la sua origine celeste nel linguaggio religioso di ogni tempo richiama Dio stesso e i desideri più alti dell’uomo. Per l’uomo biblico Dio è il suo cielo, colui che è in grado di adempiere le sue nostalgie e aspirazioni più autentiche. Il cielo rappresenta Dio e in Gesù il Cielo si fa definitivamente prossimo ad ogni uomo manifestando se stesso come Amore stabile e crocefisso. Sulla croce Cristo si lascia inghiottire dall’abisso oscuro della morte per poi uscirne vittorioso nel giorno della resurrezione. La Croce di san Geminiano richiama la figura e l’azione pastorale del santo vescovo di Modena Geminiano vissuto tra il 343 e il 395 d.C. e riproduce una delle due rinvenute nel 1955 nella tomba del santo Patrono; un’ipotesi suggestiva le riconduce all’abito liturgico posto da Matilde di Canossa sulle reliquie di san Geminiano durante le ricognizioni avvenute nell’anno 1106.
 
Terzo campo
 
Il terzo campo è contraddistinto dall’ oro sul quale campeggia il monogramma del vescovo forlivese san Mercuriale. L’oro è il metallo araldico che richiama la regalità. Esso esprime insieme l’inaccessibilità e la gloria di Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. L’oro richiama il fulgore della luce che inaugurò l’evento della creazione (Gn 1,1-4) ma anche quella salvifica che è Cristo stesso: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
Il monogramma di san Mercuriale (SM di rosso) è contraddistinto dal pastorale episcopale e riprende quello riscontabile su un capitello del chiostro cinquecentesco adiacente all’omonima basilica.
 
Lo stemma di  mons. Elio Castellucci, Arcivescovo Metropolita di Modena – Nonantola è stato ideato, disegnato e blasonato dal grafico araldista Giuseppe Quattrociocchi (www.gqaraldica.it), mentre l’esegesi teologica è stata realizzata da Roberto Ranieri.