Omelia alla messa di Mezzanotte

Buon Natale a tutti.
Abbiamo ascoltato dal Vangelo le parole dell’angelo:
“Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore”. Di fronte a questo sconvolgente annuncio, i pastori si dissero l’un l’altro: “Andiamo a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Abituati ad ascoltare la voce del cuore non esitano, non discutono, vanno e vedono. E’ la voce del cuore che li porta a Betlemme.
Carissimi, permettete di dirvi che è la voce del cuore che ha portato anche noi qui, questa notte, in questa Cattedrale, che è la nostra Betlemme.
Non siamo venuti in un tempio di un Dio lontano, estraneo alla nostra vita, ma nella casa di un Dio che è Padre e che gioisce come gioisce un padre nel giorno di Natale vedendo tutta la sua famiglia riunita. E’ l’intuizione , se non la consapevolezza, della tenerezza, dell’affettuosità, della bontà di questo Padre che ancora una volta ci ha attratti. In questa Cattedrale vorrei che tutti ci sentissimo a casa nostra, come una sola famiglia.
Sant’Efrem chiama il Natale “amico degli uomini”.
Nessuno è escluso dal Natale, perché il Natale non celebra la bontà, la giustizia, la generosità dell’uomo (se fosse così potremmo sentirci esclusi), ma l’amore di Dio per l’uomo, un amore assolutamente gratuito, che si manifesta in una forma impensata.
“Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Così l’angelo si rivolse ai pastori , così la Chiesa si rivolge a noi, annunciandoci il mistero del Natale di Gesù.
Sono davvero tanti le riflessioni che vorrei condividere con voi in questa notte, ma mi fermo soltanto sul segreto di Betlemme. Perché Betlemme ci affascina tanto? La risposta potrebbe sembrare ovvia: perché Betlemme è la culla del Figlio di Dio che si fa uomo. Il “Figlio” tenerissimo del Padre si fa bambino generato dal grembo di Maria.
Troverete un bambino!
Colui che dà senso e valore a tutto è un bambino. Il Figlio di Dio si è fatto uomo,veramente uomo, totalmente uomo, per manifestare nell’esperienza umana l’amore di Dio per l’uomo e per rivelare il segreto per vivere questa esperienza con pienezza di significato.
Dio in Gesù ha preso un volto umano! Gesù assume la nostra umanità, diventa come uno di noi. Questo fatto suscita la nostra tenerezza, il nostro stupore, la nostra gioia. Vedere il “Figlio dell’Altissimo” vestire i panni della fragilità, della povertà, abitare in una famiglia che l’evangelista Luca colloca nel solco dei poveri del Signore, tutto ciò suscita in noi la nostalgia del Natale.
Nato a Betlemme , Gesù crescerà in una famiglia, apprenderà il linguaggio umano da Maria, da Giuseppe, immergendosi nella vita del suo popolo. Così per trent’anni poi aprirà il nostro linguaggio umano a dire le immagini, le parole e i gesti che ci raccontano di Dio, del suo Regno, del suo amore misericordioso verso l’uomo. Tutto questo ci testimonierà con la sua vita, le sue relazioni, le sue azioni, in una parola la sua umanità.
Natale è solo l’inizio. La nascita diventa generazione, crescita.
Per comprendere il significato del Natale proviamo a richiamare alcune pagine del Vangelo che ricordiamo e chiediamoci: da dove ha preso Gesù la sua umanità , le sue immagini, le sue fulminanti intuizioni, le sue azioni sconvolgenti? Non le forse imparate anzitutto da Maria, che a Natale contempliamo curva piena di stupore su quel bimbo che giace in una mangiatoia? E le parole di Gesù. le sue metafore, il suo insuperato modo di guardare i campi, il contadino che semina, la messe che biondeggia, la donna di casa che cerca la moneta perduta, il pastore che prende sulle spalle la pecorella ferita,il padre e i suoi due figli, il pescatore che raccoglie a riva i pesci, i tralci e la vite, i lavoratori a giornata, l’amministratore saggio e quello infedele, la festa di nozze, da dove vengono se non dalla concretezza, dall’humus della vita familiare e sociale?
Tutto questo per dire che il Natale è l’inizio di un’esistenza pienamente umana nella quale come scrive Paolo a Tito: “E’ apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà” (Tt 2,11).
Ecco il mistero del Natale: il figlio dell’Altissimo, il Salvatore atteso, la luce delle genti, la gloria di Israele si immerge nella storia per imparare il linguaggio umano, per assumere la religiosità del suo popolo per pregare con i salmi, con le preghiere del suo popolo, per vivere le legge e la tradizione del suo popolo.
Gesù ha imparato i linguaggi dell’esperienza umana dentro le relazioni umane quotidiane per parlarci di Dio, per unire indissolubilmente la nostra esistenza terrena con la vita di Dio.
Lui, la parola di Dio fatta carne, ha imparato la grammatica della nostra umanità, i linguaggi dell’esperienza umana per esprimere in essi tutto l’amore di Dio per noi e per esprimere il senso della nostra vita, la dignità della persona umana.
Betlemme allora che cos’è? Dicevamo: la culla del figlio di Dio che si fa uomo, ma è anche la culla dell’uomo che diventa in Gesù figlio di Dio. A Betlemme è nato il Figlio di Dio come uomo, ma è nato anche ognuno di noi come figlio di Dio, è nata la nuova umanità. Ci ricorda Giovanni Paolo II: “Bisogna andare a Betlemme per conoscere la verità. Bisogna ritornare a Betlemme per poter comprendere qualcosa del significato autentico della nostra vita e della nostra storia. Bisogna cioè interpretare la vicenda dell’uomo sulla terra in questo sconfinato ed ignoto universo alla luce dell’incarnazione del Verbo” ( 30 dicembre 1981).
 
A Betlemme troviamo un bambino di nome Gesù. Trovare un bambino è come essere richiamati alla propria infanzia, alle proprie origini. Ma in quel bambino c’è la nostra origine, ci sono le nostre radici. Andare a Lui è ritrovare il nostro codice genetico, la nostra identità: “Il Verbo si è fatto carne e ha preso dimora in mezzo a noi…il Verbo nel quale e in vista del quale tutto è stato creato”. Dunque il nostro passato e il nostro futuro e quindi la bellezza del nostro presente; un presente non più vissuto come luogo dove consumare esperienze senza senso, ma affrontato con speranza e nutrito del fascino di tutto ciò che è autenticamente umano, perché condiviso dal Dio fatto uomo.
Auguro a tutti un Natale che porti ragioni di speranza, di gioia, di fraternità e di solidarietà.
 
 
                                                                          + Antonio Lanfranchi