Raffaello, che ci dà il Paradiso

 
 
 
Le stanze più famose al mondo, quelle Vaticane, per raccontare del più grande pittore, secondo Antonio Paolucci, che il nostro paese abbia avuto, perduto troppo presto, ma che ha cambiato per sempre la storia della pittura.
Auditorium del Centro Famiglia di Nazareth gremito, lo scorso 16 dicembre, per la lezione su Raffaello di Antonio Paolucci, già direttore dei Musei Vaticani, uno degli appuntamenti legati al gemellaggio tra la diocesi di Modena e quella di Gubbio; dopo la lettura dei messaggi dei due vescovi, Ceccobelli e Castellucci,
Raffaelo era bello, amato dalle donne, invidiato dagli uomini. “Quando inizia a lavorare per Giulio II, nel 1508, a 25 anni,  era già considerato un prodigio, come Mozart – dice il professore -e lavora per un papa umanista, amante delle arti, un politico come pochi. C’è una grande idea pastorale dietro la sa politica: la sua Chiesa, per divulgare il Vangelo , aveva bisogno di essere forte, di una reale potestà politica, diplomatica e militare”.
E’ l’appartamento privato di Giulio II quello su cui lavora Raffaello: percorrendo le celebri stanze troviamo per prima la Stanza della Segnatura, la biblioteca privata del pontefice, in cu i libri erano conservati in grandi cassoni, non esisteva ancora l’usanza degli scaffali, e ogni parete identifica il tema dei testi lì raccolti: la Scuola di Atene rappresenta la sapienza, la cosiddetta disputa del Sacramento la religione, la Giustizia le leggi, il Parnaso la poesia, consolazione di chiunque sotto il cielo. La prima immagine invita alla “causarum rerum cognitio”: il primo dovere dell’uomo è la conoscenza, e ne esce una visione dell’antropologia cattolica molto aperta. Sono raffigurati   anche Averroè, Zoroastro, Tolomeo: non ci sono preclusioni ideologiche o confessionali, nel sapere. 
“Divinarum notitia” il secondo motto, di fronte, con l’invito all’ascolto della verità rivelata, che l’uomo può poi liberamente accogliere o respingere. Raffaello raffigura qui il Verbo Incarnato, il più ineffabile e inconcepibile dei misteri, il più vertiginoso, con grande chiarezza didattica: il Padre, Cristo, lo spirito, in asse con l’ostensorio, e i presenti sono abbacinati davanti al prodigioso mistero.
La terza parete, più piccola, raffigura la giustizia, a partire da quelle virtù cardinali che identificano l’uomo in quanto tale, anche se non crede in Dio. Infine la poesia, consolazione e riposo, perché la bellezza che abita il mondo è l’ombra di Dio sulla terra.