Una tradizione antica, riscoperta dal Concilio Vaticano II, l’Ordo consecrationis virginum testimonia con la verginità consacrata un carisma particolare e una vocazione tipica nella Chiesa, che manifesta l’amore a Cristo nella vita comune

Tre «spose» per la chiesa di Modena

La diocesi invita con gioia a partecipare alla consacrazione a Cristo nell’Ordo Virginum di Carla Barani della Parrocchia dei Santi Faustino e Giovita, di Elena Rocchi della Parrocchia di San Giovanni Bosco e di Simona Prandini della Parrocchia della Beata Vergine Mediatrice.
La celebrazione Eucaristica sarà presieduta dal Vescovo Erio Castellucci domenica 13 maggio 2018 alle ore 18.00 presso la Chiesa di San Francesco in Modena.

L’espressione «Ordo Virginum» potrebbe far pensare a una nuova struttura o istituto o associazione nella Chiesa, ma non è così. Non si tratta di qualcosa di nuovo, di inedito; piuttosto è riscoperta di qualcosa di tradizionale, di originario: se ne trova traccia tra i nomi di donne dedite al servizio della comunità negli scritti di San Luca e di San Paolo, e poi sempre più chiaramente nei Padri dei primi secoli. Così la Chiesa del Concilio Vaticano II, resa più attenta ai propri doni, ha voluto ripristinare l’antica tradizione del Rito di consacrazione delle Vergini, conservata nel Pontificale Romano; frutto di tale volontà è stato, con Paolo VI, l’Ordo consecrationis virginum del 31 maggio 1970, testimoniando con la verginità consacrata un carisma particolare e una vocazione tipica nella Chiesa. Infatti nel cuore di ogni battezzato lo Spirito Santo pone il desiderio del dono totale di sé, che trova la sua espressione sia nel matrimonio cristiano sia nella verginità consacrata, in forme diverse e complementari. Nel carisma della verginità consacrata si ha una particolare attuazione della Chiesa come Sposa di Cristo. Alcune donne sono chiamate a vivere questa totalità di amore a Cristo nelle comuni condizioni di vita. Tale chiamata è riconosciuta dalla Chiesa, che consacra queste sorelle con il rito liturgico della Consecratio virginum per «realizzare, al di là dell’unione coniugale, il vincolo sponsale con Cristo di cui le nozze sono immagine e segno». Attraverso la figura del vescovo diocesano, dal quale sono consacrate, vivono un particolare legame con la Chiesa locale (a differenza della vita religiosa in cui il riferimento è normalmente il carisma di un fondatore sotto la guida di superiori). Figlie della Chiesa che le ha generate alla fede, e sentendosi parte della sua storia e della sua vita, si dedicano al suo servizio nel concreto ambito sociale in cui ciascuna vive e lavora. E’ una sponsalità vissuta nel quotidiano, legata alla vita, alla complessità delle situazioni e della cultura ed è manifestata con le proprie doti personali, in collaborazione con uomini e donne nella Chiesa e nel mondo. Ne derivano i tratti di madre nell’ordine spirituale, come anche i tratti di sorella dell’umanità. A vocazioni come questa sembrano confacenti gli ossimori, con cui la liturgia sceglie di esprimersi: «siano prudenti nella modestia, sagge nella bontà; austere nella dolcezza, caste nella libertà. Ferventi nella carità nulla antepongano al tuo amore; vivano con lode, senza ambire la lode; a te solo diano gloria nella santità del corpo e nella purezza dello spirito; con amore ti temano, per amore ti servano» (RCV, n. 38). Come notava san Giovanni Paolo II, anche per noi «è motivo di gioia e di speranza vedere che torna oggi a fiorire l’antico Ordine delle Vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici. Consacrate dal Vescovo diocesano, esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa, al cui servizio si dedicano, pur rimanendo nel mondo.» (VC, n. 7).

Marco Maioli, sacerdote, delegato per l’«Ordo Virginum»