A San Felice la veglia di Pentecoste

Carissimi fratelli e sorelle!
 
E’ trascorso un anno dai tragici eventi sismici che ci hanno colpiti; ancora visibili sono le tracce in tanti monumenti devastati, che attendono di essere ricostruiti, e meno visibili, ma non meno laceranti, sono ancora presenti le ferite prodotte nel cuore di tante persone.
 Anche quest’anno abbiamo scelto di celebrare la Veglia di pentecoste nell’epicentro del terremoto, per esprimere la nostra vicinanza e la nostra solidarietà alle popolazioni colpite, ma anche per dire, che in loro siamo stati colpiti tutti in un certo senso tutti, e vogliamo insieme percorrere il cammino di speranza, che sostiene la ricostruzione.
Insieme con l’aiuto dello Spirito Santo. E’ lo Spirito santo infatti che ci fa chiesa che ci unisce in una comunione di destino e sostiene il nostro cammino.
Come gli Apostoli con Maria nel Cenacolo ci siamo riuniti in preghiera per accogliere il Suo avvento su di noi perché possiamo
 
Gesù aveva detto ai suoi discepoli: ‘Il Paraclito, lo Spirito santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto’. Siamo qui per ricordare, cioè per fare memoria di tutto ciò che di bello è stato fatto grazie all’azione dello Spirito santo. Sappiamo infatti che là dove c’è il bene, dove c’è chi opera il bene, è all’opera lo Spirito Santo.
Ricordare per ringraziare il Signore, per ringraziare le persone che sono state docili allo Spirito Santo.
Siamo qui per invocare la luce e la forza dello Spirito Santo per fare ‘nuovi passi’ nell’opera di ricostruzione.
Vorrei legare i doni e i frutti che ne sono seguiti ricevuti dallo Spirito e che invochiamo ancora per il nostro cammino in alcune parole-chiave, parole che hanno il potere di evocarne e raccoglierne altre: Consolazione, Comunione, Alleanza, Speranza.
 
Consolazione
Lo Spirito è lo Spirito Consolatore; è il Paraclito.Lo scorso anno nella Veglia dicevo: ‘Non abbiamo vergogna a confessare il nostro bisogno reciproco di consolazione, di conforto, di speranza’. L’apostolo Paolo nella 2 Corinti dice: ‘Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo …  Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché anche noi possiamo consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio’ (2 Cor 1,3).
Lo Spirito è il Consolatore, è il Paraclito (‘messo accanto’), l’avvocato, che si fa carico della nostra debolezza e svolge opera di sostegno soccorrendoci con la sua intercessione. Lo Spirito fa si che possiamo farci consolatori gli uni degli altri. Vogliamo allora ringraziare il Signore per lo Spirito Paraclito, ma anche per tutti coloro che ci ha messo accanto come Consolatori: ‘Fatevi paracliti gli uni gli altri’.  In questo anno tanti sono stati per noi ‘paracliti’, consolatori; davvero tanti, questa sera in particolare vogliamo portarli nel nostro cuore e nella nostra preghiera. E’ grazie a loro che molti quest’anno hanno potuto fare l’esperienza dell’ossimoro più paradossale che ci sia: la gioia nella sofferenza. Essere dentro alle prove, magari grandi, con la gioia dello Spirito Santo (cfr 1 Ts 1,6). Tribolazione, pazienza, speranza sono anelli della stessa catena che lega allo Spirito Santo (cfr Rm 5,3-5).  Carissimi, la forza di ricostruire, di non demordere, di non scoraggiarci, dipende molto dal saperci fare ‘paracliti gli uni gli altri’: Chiediamolo questa sera tutti insieme.
 
Comunione
 Alla forza della consolazione, dobbiamo unire la forza della comunione. Abbiamo fatto esperienza di comunione. Possiamo dire che il nostro cammino è stato pentecostale. Pentecoste è l’antibabele. A Babele gli uomini parlavano la stessa lingua, si sentivano forti, potenti al punto di voler costruire una torre che arrivasse fino al cielo, come sfida a Dio, ma avevano finito per non comprendersi tra loro. Quando si mette alla base del vivere l’egoismo, si finisce sempre con il non comprendersi. Il giorno di Pentecoste si trovavano a Gerusalemme persone provenienti da diverse nazioni e che parlavano lingue diverse, ma nel dono dello Spirito avvenne la riunificazione del linguaggio umano; chiunque ascoltava gli apostoli li comprendeva come se parlassero la loro lingua. La lingua dello Spirito, cioè l’amore aveva ricomposto l’unità. La lingua dell’amore impressa nei nostri cuori dallo Spirito Santo ci rende fratelli, ci fa parlare la lingua dell’amore, che ci fa tutti solidali.  A Pentecoste nasce la Chiesa come comunione, come ‘corpo di Cristo’, formato da tante membra unite e correlate tra loro.  Credo che quest’anno abbiamo compreso di più la bellezza dell’essere e del fare comunione nella molteplicità e nella multiformità dei doni e delle vocazioni, dati dallo Spirito. In questi giorni mi è capitato di ripetere più volte nelle interviste di sottolineare che per me personalmente, ma penso che la mia esperienza sia condivisa, la Diocesi si è nello stesso tempo rimpicciolita e ingrandita; rimpicciolita perché le distanze si sono accorciate, abbiamo sentito la necessità di frequentarci, di incontrarci da un capo all’altro della Diocesi, di condividere i momenti salienti della vita comunitaria e così possiamo dire nello stesso tempo che la Diocesi si è ingrandita: è cresciuto il senso e spero la gioia di appartenere all’unica Chiesa di Modena-Nonantola.
Si è rafforzato un modo di ‘essere Chiesa’ basato più sulle presone che sulle strutture, più nelle relazioni che nelle iniziative: a nulla valgono le tante iniziative se non sono animate da relazioni vitalizzanti. Abbiamo sperimentato la vicinanza e l’aiuto concreto di tutta la Chiesa, specialmente delle Chiese in Italia.  Vorrei ringraziare molto le delegazioni delle Caritas regionali gemellate con noi.
 
Alleanza
La terza parola è Alleanza. Perché?  A Pentecoste si celebrava l’anniversario dell’alleanza e il dono della legge. Il profeta Ezechiele aveva annunciato la garanzia più impegnativa da parte di Dio perché i suoi figli riuscissero finalmente a mantenere fede all’alleanza promessa: ‘Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi’ (Ez. 36,27). Il giorno di Pentecoste la profezia si compie. Lo Spirito Santo è in persona la legge della nuova ed eterna alleanza.  Se ricordate il battesimo di Gesù, narrato dall’evangelista Marco si squarciarono i cieli e lo Spirito discese verso di lui come una colomba. (Mc 1,9). I cieli si squarciarono, si aprirono; Dio e l’uomo potevano comunicare.  Carissimi, possiamo ben dire che per molti il cielo, con il terremoto, si è aperto di nuovo. L’uomo ha sperimentato tutta la sua fragilità, di non essere lui il padrone della sua vita né il padrone del creato. Sono affiorate le domande fondamentali della vita, forse assopite dal benessere, dalla ricchezza, dall’illusione di bastare a se stessi.
 
Speranza
La comunità che ci ospita questa sera ci fa toccare con mano che c’è tanto da fare ancora, che il cammino richiederà tempo e pazienza, ma vediamo anche che tanti germogli sono nati tra le macerie e sono segni di speranza. La speranza è la virtù dell’uomo pellegrino, dell’uomo viator, l’uomo in cammino.  ‘Nella speranza siamo stati salvati’ (Rm 8,23 ss). La speranza è come un arazzo intessuto dalla trama del desiderio e dall’ordito della fiducia.  La fiducia si basa sulla fedeltà di Dio alle sue promesse, una fedeltà di cui ci è stata data prova inconfutabile con la risurrezione di Cristo.