Pubblichiamo la lettera “Chiamati a servire - Il dono del diaconato permanente”, scritta dai vescovi dell’Emilia-Romagna alle comunità ecclesiali e diffusa nella solennità di Cristo re dell’universo.

Diaconato permanente, dono del Signore risorto

Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna

Chiamati a servire
Il dono del diaconato permanente

Alle nostre comunità ecclesiali

Carissime Sorelle e Fratelli tutti,

il ministero del diaconato permanente rappresenta uno dei doni più preziosi che lo Spirito del Signore risorto abbia fatto rifiorire e fruttificare negli ultimi decenni nelle nostre Chiese particolari. In diverse di esse è stato anche pubblicato un direttorio diocesano allo scopo di proporre chiari orientamenti e tracciare percorsi praticabili per il discernimento e la formazione dei candidati a un ministero tanto fecondo e promettente, e altrettanto delicato e impegnativo da esercitare.

Attualmente sono oltre seicentosessanta i diaconi permanenti presenti in regione, e circa centocinquanta i fratelli che, a Dio piacendo, riceveranno l’ordinazione nei prossimi anni. Pertanto la nostra regione risulta la seconda in Italia per numero di diaconi, e la prima se consideriamo il rapporto con il totale degli abitanti. Ma ancor più che per la numerosa schiera di diaconi attivi nel territorio, come vescovi, insieme a tutti voi, siamo riconoscenti al Signore per tanta grazia di comunione, di servizio e di missione, che costituisce una bella e grande ricchezza spirituale per le comunità cristiane della nostra terra.

Essere diaconi oggi

Il diaconato è sorto nei primi decenni dell’età apostolica. Fin dall’inizio fu tenuto in notevole considerazione e vide il fiorire di splendide figure di santi, come san Lorenzo, sant’Opilio di Piacenza, san Marino dell’omonima diocesi di San Marino-Montefeltro. Il concilio Vaticano II – in continuità con l’antica Tradizione della Chiesa – dopo secoli di declino, ha ripristinato il diaconato, come grado “proprio e permanente” dell’ordine sacro. “Sostenuti dalla grazia sacramentale, nella diaconia della liturgia, della parola e della carità, (i diaconi) sono al servizio del popolo di Dio, in comunione con il vescovo e con il suo presbiterio” (LG 29).

Essi vengono ordinati “non per il sacerdozio” – per offrire a nome di Cristo il sacrificio eucaristico – “ma per servire”. I diaconi sono gli “incaricati della diaconia di Gesù Cristo” (sant’Ignazio di Antiochia). “Sono anche i custodi del servizio nella Chiesa. La loro missione e il loro contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede possiede un’essenziale dimensione di servizio a Dio e ai fratelli” (Papa Francesco).

In pratica i diaconi possono svolgere svariati servizi: proclamare il Vangelo nelle celebrazioni liturgiche, dedicarsi all’evangelizzazione, alla catechesi e al servizio della carità, leggere e guidare la lettura della sacra Scrittura, celebrare il battesimo, distribuire la santa comunione, assistere e benedire il matrimonio, presiedere il rito delle esequie, guidare assemblee e gruppi di preghiera, animare settori di pastorale o piccole comunità ecclesiali, amministrare i beni economici della Chiesa.

Al di là delle attività concrete, la stessa presenza dei diaconi è un dono, in quanto costituisce il segno sacramentale di Cristo servo e promuove la vocazione a servire, comune a tutto il popolo di Dio. In nome di Cristo, che si è fatto ‘diacono’, cioè il servo di tutti, e con la grazia del suo Spirito, i diaconi servono e sollecitano a servire. Ricordano anche agli altri due gradi dell’ordine sacro – episcopato e presbiterato – che la loro missione è un servizio. E’ significativo che, per diventare presbiteri e vescovi, secondo la disciplina della Chiesa, si debba ricevere prima il diaconato. Risulta inoltre indicativo che, per l’ordinazione diaconale, soltanto il vescovo impone le mani, mostrando così che la diaconia più grande è del vescovo e che il diacono è a lui legato in modo speciale nei compiti e negli ambiti del suo ministero.

Al servizio dell’evangelizzazione

            Nel rito di ordinazione viene consegnato al neo-diacono il libro dei santi vangeli, ad esprimere che la prima diaconia che gli viene affidata, il compito primario e qualificante che gli viene assegnato è la missione di annunciare il Vangelo. Una missione che non può rimanere circoscritta alla sola sfera liturgica, ma prosegue e si dilata a tutte le realtà in cui un diacono normalmente si imbatte. Tale servizio si rende particolarmente urgente in questo tempo in cui la Chiesa, per sua natura missionaria, è impegnata in una attività di rinnovata evangelizzazione. Pertanto i diaconi sono disponibili ad apprendere l’arte di comunicare la fede “in maniera efficace e integrale, nelle svariate situazioni culturali e nelle diverse tappe della vita” (san Giovanni Paolo II).

In tale contesto si inserisce il fenomeno della creazione di strutture nuove per la missione, come le cosiddette unità o comunità pastorali. Al riguardo è importante definire gli ambiti ministeriali da affidare ai diaconi permanenti, secondo una figura propria e non derivata rispetto a quella del sacerdote-presbitero, ma coordinata con il suo ministero, nella prospettiva dell’animazione del servizio su tutti i fronti della vita ecclesiale.

I diaconi permanenti sono anche evangelizzatori nel mondo del lavoro, che abitualmente appartiene alla loro quotidianità. Sono inoltre animatori appassionati e competenti della vita culturale, sociale e politica. In effetti la caratteristica condizione dei diaconi permanenti – appartengono al clero, ma conducono una vita in tutto simile a quella dei laici – li incarica ad essere apostoli di Cristo nei vari ambienti di lavoro e di socializzazione che possono frequentare e devono fermentare con il lievito del Vangelo.

Al servizio della carità

            Nutrito dall’eucaristia e rinnovato dalla parola di Dio, il diacono vive ed esprime la diaconia della carità. In particolare, offre il suo contributo di preghiera e di testimonianza perché venga coltivata la fraternità ecclesiale. E perché venga promosso l’esercizio della carità e il servizio a favore dei poveri, degli ultimi, degli ‘scartati’. Nel ministero della carità i diaconi trovano una modalità privilegiata e un esercizio singolare per configurarsi più strettamente a Cristo servo, e per farsi così prossimi a tutti. A cominciare dagli ultimi: i sofferenti, i malati, i cosiddetti ‘lontani’, coloro che non hanno né pane né casa, né lavoro. Né dignità, né affetti, né una fede, né un senso da dare alla propria vita.

Pertanto i diaconi mantengono viva nella Chiesa questa imprescindibile dimensione della vita cristiana, rendendo visibile ed effettivamente credibile il legame che sussiste tra la mensa del Corpo di Cristo e la mensa dei poveri. Esprimono inoltre la tenerezza materna della Chiesa e la cura fraterna dei suoi figli in tutte le periferie dell’esistenza umana, in particolare tra i carcerati, gli anziani soli o residenti nelle case di riposo, i migranti. E nel servizio di consolazione e di fattivo sostegno di quanti sono rimasti colpiti dalla perdita di una persona cara o sono afflitti da una prova particolarmente acuta.

Altro servizio peculiare dei diaconi è quello di essere non soltanto testimoni e operatori di carità, ma anche educatori alla carità. “Con l’esempio e la parola, essi devono adoperarsi affinché tutti i fedeli, seguendo il modello di Cristo, si pongano in costante servizio dei fratelli” (san Giovanni Paolo II).

Quanto ai diaconi coniugati, il primo ambito nel quale eserciteranno la carità è in ogni caso quello della famiglia. La donazione reciproca dei coniugi, la comune intesa per l’educazione dei figli, l’eventuale accoglienza nel contesto familiare di genitori anziani o ammalati, l’apertura alla fraterna condivisione con altre famiglie, specialmente quelle maggiormente in difficoltà, rappresentano altrettante prassi, possibili e opportune, per mostrare tangibilmente il volto di Colui che non è venuto per essere servito, ma per servire.

Quanto, poi, ai diaconi celibi, occorre tenere presenti alcune singolari accentuazioni che il diaconato permanente offre alla loro diaconìa. L’identificazione sacramentale con Cristo servo viene collocata nel contesto di una scelta sponsale, esclusiva, perenne e totale dell’unico, insuperabile Amore. E l’annuncio del regno di Dio viene suffragato dalla testimonianza generosa e gratuita di chi per quel regno ha lasciato anche i beni più cari.

Nell’ambito ecclesiale e professionale, la testimonianza diaconale si caratterizza per la cura prioritaria per la bontà delle relazioni, per il servizio alla dimensione quotidiana dell’esistenza delle persone, come ‘alfabeto’ per comunicare il Vangelo, nella consapevolezza che la diaconia non è una professione, ma una impegnativa missione. Inoltre in ogni circostanza i diaconi aiuteranno le persone a conoscere e ad amare cordialmente la Chiesa.

Concludiamo con un sogno. In un mondo troppo spesso lacerato da paure, fragilità e aspri conflitti sogniamo una Chiesa che, al cuore della società, sappia innescare processi di audace speranza, di inossidabile fiducia, di pace autentica e duratura. Anche in forza della variegata ricchezza di ministeri e di molteplici carismi.

Tra questi il servizio dei diaconi non si rivela affatto accessorio o marginale. Risulta piuttosto efficace e fecondo di incalcolabile bene. Per la Chiesa e la sua missione nel mondo. Pertanto noi pastori rinnoviamo il nostro impegno a favorire la nascita e la maturazione di autentiche vocazioni al diaconato. E rivolgiamo un pressante invito ai membri delle nostre comunità diaconali perché con la loro convinta e appassionata testimonianza mostrino la bellezza di una vita dedicata a Cristo ‘diacono’ nella Chiesa per la salvezza del mondo.

Vi salutiamo con fraterno affetto e vi benediciamo con viva cordialità

Bologna, 22 novembre 2020,
Solennità di Cristo re dell’universo

I vostri vescovi

 

«Custodi del servizio, educatori di carità»

La lettera della Conferenza episcopale della nostra regione definisce il diaconato come dono. È stato un dono che il Concilio ha fatto alla Chiesa e che il Risorto ha fatto fruttificare nelle nostre Chiese. I diaconi sono presentati come i custodi del servizio nella Chiesa, segno sacramentale di Cristo servo.

Custodi non perché si impossessano del servizio, tenendolo per sé, ma perché tutta la Chiesa non si dimentichi del servizio e ad esso si apra. Essi ricordano all’episcopato e al presbiterato che la loro missione è servizio. A tutti i battezzati ricordano che la vocazione a servire è propria di tutto il popolo di Dio e che la fede ha un’essenziale dimensione di servizio. Nel rito di ordinazione solo il vescovo impone le mani al diacono, perché il diacono è legato a lui in modo speciale, da lui dipende e a lui fa riferimento. Al diacono è consegnato il libro dei vangeli, perché la prima diaconia è annunciare il Vangelo in tutte le realtà in cui normalmente si imbatte.

L’altro grande servizio è alla carità. Prima di tutto perché venga coltivata la fraternità ecclesiale: il diacono è uomo di pace e riconciliazione all’interno delle comunità. Poi il servizio verso i poveri spinge i diaconi a farsi prossimi a tutti, specialmente agli ultimi. Essi rendono così visibile il legame fra mensa del Corpo di Cristo e la mensa dei poveri. Con il loro servizio si fanno educatori di carità, perché tutti si pongano a servizio dei fratelli.

La missione di comunicare il Vangelo ha un alfabeto: la cura prioritaria per la bontà delle relazioni in ambito ecclesiale e professionale nell’attenzione alla dimensione quotidiana dell’esistenza. La lettera finisce con un sogno, quello di una Chiesa capace di innescare nella società processi di speranza, fiducia e pace nella ricchezza dei carismi e dei ministeri, fra cui quello del diaconato. Alle comunità diaconali rivolge infine l’ invito che mostrino la bellezza di una vita dedicata a Cristo diacono nella Chiesa per la salvezza del mondo. Come diaconi di Modena e Carpi non possiamo che ringraziare i nostri vescovi per queste parole e chiedere al Signore che quest’ultimo invito si realizzi nella nostra vita.

Diac. Claudio Barbari