Luisa Guidotti: chiusa la fase diocesana del processo

 

 
 
Alla presenza di mons. Lanfranchi, si è chiusa lo scorso 23 novembre la fase diocesana del processo di beatificazione della Serva di Dio Luisa Guidotti Mistrali, uccisa in Zimbabwe nel 1979.
Alla presenza dei parenti, degli amici storici e degli alunni della scuola intitolata al medico modenese, sono stati firmati e sigillati i documenti che saranno inviati poi a Roma alla Congregazione per le cause dei Santi. ‘Oltre alla valutazione ‘ ha precisato mons. Lanfranchi ‘ serve anche un miracolo. Per questo continuiamo a pregare e a far conoscere la figura di Luisa, che ha portato alla perfezione la carità cristiana’.
Molti i  ringraziamenti per quanti hanno permesso di raggiungere questo importate traguardo: Lucia Orsetti, amica da sempre di Luisa, il notaio Giorgio Garuti, il postulatore, il domenicano padre Francesco Ricci, don Sergio Casini, promotore di giustizia del Tribunale ecclesiastico, mons. Ennio Apeciti e Simona Leonelli.
‘La chiusura di questo processo ‘ ha ricordato mons. Lanfranchi ‘ è uno dei doni dell’Anno della fede che si sta chiudendo. Luisa ci mostra la dignità dei fedeli laici che si rivela in pienezza, secondo la vocazione alla santità che è la perfezione della carità. E il versetto di vangelo che ricorda Luisa nel suo ospedale, ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13)’ ci dice della vita di Luisa spesa per i suoi fratelli adottivi. Il povero era davvero per lei sacramento di Cristo’.
I documenti sigillati, oltre 5290 pagine, in triplice copia, saranno consegnati a Roma da padre Francesco Ricci.
 

Una breve biografia

 
Luisa Guidotti Mistrali nasce a Parma il 17 maggio 1932, primogenita di tre fratelli. Il padre è modenese, la madre parmense. Nel 1947, alla morte della madre, la famiglia si trasferisce a Modena, dove Luisa frequenta il liceo scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Medicina. Sono gli anni ‘preconciliari – scrive Luisa – l’epoca in cui si andava prendendo coscienza della funzione del laicato nella Chiesa’. E ancora ‘volevo andare in missione come medico, andare per sempre, restando laica fra i laici’.
Nel 1960 chiede di far parte dell’AFMM – Associazione Femminile Medico Missionaria e l’anno dopo la sua richiesta è accolta.
Il 1 agosto 1966 riceve dall’arcivescovo di Modena mons. Amici il crocifisso del missionario, il 10 agosto parte per l’allora Rhodesia, destinazione Chirundu, Ospedale Paolo VI. La permanenza a Chirundu è descritta da Luisa come la sua luna di miele. La situazione però precipita e Luisa è costretta a tornare in Italia per alcuni mesi. Riparte poi per l’Africa, prima all’ospedale Regina Coeli Mission e poi alla missione All Souls.
Il 6 luglio 1979 Luisa non vuol essere accompagnata nel viaggio verso Nyadiri, dove sta portando una partoriente a rischio. Una raffica di mitra investe l’auto di Luisa: la pattuglia identifica l’occupante e la porta all’ospedale governativo di Mutoko, dove Luisa giunge priva di vita. Il 12 luglio, nella cattedrale cattolica di Salisbury, è celebrato il funerale, con numerosi missionari ed una folla che accompagna la cerimonia coi tamburi.
Quattro anni dopo è il presidente Mugabe a rendere omaggio a Luisa, in una cerimonia ad All Souls. Alla fine della cerimonia è scoperta una lapide, in italiano e shona, con la scritta ‘Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15,13)’.
Nel 1983 l’ospedale di All Souls è intitolato a Luisa. Il processo di canonizzazione è stato aperto nel 1996.
Il 23 ottobre 1988, per volontà di mons. Santo Quadri, le spoglie di Luisa sono trasferite nel Duomo di Modena.