Nonantola: tutti i colori dell’abbazia

Il cantiere di restauro permette nuove scoperte sull'aspetto dell'edificio mille anni fa

Conoscere, o meglio ri-conoscere l’Abbazia, la sua struttura e i sui segreti più antichi, svelati dalla campagna di rilevi e restauri in corso: questa l’opportunità offerta lo scorso 24 ottobre a Nonantola, al Teatro Troisi, nella serata di presentazione dei lavori in corso sull’edificio medievale in cui, come ha detto il sindaco Federica Nannetti, risiede il passato del paese e insieme la prospettiva per il futuro.
Un grande lavoro d’insieme questo restauro, che sta procedendo secondo i tempi previsti, nonostante al complessità degli interventi, finanziato in parte anche dal ricavato degli sms mandati dagli italiani dopo il sisma del 2012.
Don Luciano Benassi, delegato diocesano per i beni culturali, ha introdotto la serata ricordando che l’abbazia appartiene a pieno titolo alla storia ed alla cultura del territorio e che, grazie al restauro in corso, potrà tornare allo splendore antico, come centro di attività pastorale e di evangelizzazione nuova, secondo i tempi che stiamo vivendo. L’abbazia infatti appartiene ai nonantolani, come ha ricordato don Alberto Zironi, perché luogo di passaggi di vita significativi, come battesimi e matrimoni, ma anche a chi, passando, vi trovava sosta e ristoro.
La grande sinergia tra i diversi enti legati al cantiere, è stata sottolineata anche dall’ing. Mauro Monti, della struttura tecnica del Commissario Delegato per la ricostruzione; nel suo intervento ha anche ricordato che “il tempo che stiamo impiegando per cantieri come questo può apparire troppo lungo, ma è quello necessario, per garantire il risultato finale. E tengo a sottolineare che nemmeno un euro è stato sprecato”.
Stessa soddisfazione per la collaborazione messa in atto è stata espressa anche da Alessandro Amadori, del Servizio geologico sismico e dei suoli della Regione, mentre l’architetto Capelli, della Soprintendenza Archeologica, Belle arti e paesaggio, presente per delega del Sovrintendente Malnati, ha descritto le finalità del lavoro in atto: “riparazione dei danni del sisma, rafforzamento del tetto, prevenzione del ribaltamento della facciata e delle absidi, intervento nelle zone degradate. Per la cucitura delle murature dell’abside – ha poi ricordato – siamo alla ricerca di una soluzione che consenta insieme la sicurezza ed il rispetto del manufatto, per riportarlo alla sua situazioone pre sisma, come indicano le linee guida del Ministero. Considero questo cantiere un restauro esemplare sotto ogni punto di vista”.
All’architetto Vincenzo Vandelli, uno dei progettisti dei lavori, è stata affidata la presentazione di quanto di nuovo e sorprendente sappiamo dell’abbazia grazie ai lavori in corso. “Il cantiere – ha esordito – è un libro aperto che ci racconta una storia nuova, anche se sull’abbazia abbiamo una grande quantità di studi; ci permette di avvicinare meglio l’edificio e lasciarlo parlare. Siamo davanti ad una struttura millenaria, con trasformazioni di invenzione, i famosi lavori del canonico Manzini. Il cantiere di oggi ci consente molte cose: la conoscenza della fabbrica dell’abbazia, l’accesso alle fonti documentali, che ci parlano di interventi, integrazioni, demolizioni – come quella delle mura – lungo i secoli. Alla fine dell’800 la grande attenzione alla ristrutturazione degli edifici storici, in tutta la regione, rispondeva anche alla necessità di dare lavoro agli operai; è la prima guerra mondiale a dare il primo stop a questa grande campagna. Ma, tornando ad oggi, le analisi fatte sulla muratura ci raccontano di un’abbazia a colori, in cui hanno operato maestranze di grande abilità, sia con materiale di recupero che con mattoni prodotti appositamente, segno di una grande disponibilità economica. I rilievi ci raccontano di finiture e decori a colori, di 22 bacini di ceramica a decorare le absidi, di capitelli lavorati finemente, con incisioni, testine e clessidre, ma soprattutto di colori sgargianti: tutta l’abbazia era intonacata, i colori, in alternanza erano rosso, rosa e bianco e abbiamo ancora ampie tracce di intonaco a dimostrarlo, anche se velate dalla sporcizia. Abbiamo intenzione, dopo questi rilevi, di ricomporre in una tavola i colori dell’abbazia. Più tardi, forse alla fine del ‘400 poi le absidi furono scialbate con un intonaco bianco carta: anche di questo restano numerose tracce”.
L’ingegner Augusto Gambuzzi ha presentato infine gli aspetti tecnici dei lavori in corso, partendo dall’assunto che “gli edifici sono sinceri e raccontano anche le criticità, a chi li sa leggere ed ascoltare. Le indagini fatte hanno permesso di tracciare le linee guida del lavoro: per le fessurazioni – già monitorate prima del sisma – nella muratura ci parlano (come i ritrovamenti) di un edificio destinato ad essere intonacato; sulla muratura delle absidi, già troppo sollecitata peso del campanile seicentesco. Ci sono poi state espulsioni di travi per lo slittamento della copertura nelle navate alcune capriate si sono scollegate. La mappatura dei laterizi ha messo in risalto lo spostamento di masse consistenti: anche da qui la necessità del collegamento, per ottenere il massimo beneficio dall’intervento. Il nostro obiettivo è permettere all’abbazia di superare un altro millennio”. Numerose le indagini fatte, dai carotaggi per verificare la resistenza dei mattoni, risultati assai fragili, al laser scanner, che permette di individuare le primitive, le forme primarie di cui la struttura è composta, per analizzare le deformazioni strutturali, originarie o dovute al sisma.
“Il nostro progetto – ha proseguito Gambuzzi – porterà ad avere un edificio sismicamente più resistente, nel rispetto della tipologia e della struttura, grazie anche agli interventi sulla copertura, che garantiscono un ‘effetto scatola’: il doppio assito sulla navata centrale, la posa di pannelli in truciolare su quelle laterali, il collegamento delle capriate con viti apposite hanno questo scopo. Le iniezioni di malta nella muratura, per collegare le diverse parti, e il posizionamento di una catena – probabilmente già prevista dal progetto originario, come ci dicono i fori esistenti, a livello dei volti, serviranno da consolidamento delle pareti stesse.
I ponteggi – ha concluso Gambuzzi – hanno consentito anche un’indagine dettagliata sulle coperture, rimosse e rimontate minuziosamente, con la sostituzione delle parti ammalorate, il consolidamento delle lesioni, la realizzazione di un trattamento anti tarlo e la posa di uno strato di sughero per l’isolamento termico, ad ulteriore protezione dell’edificio”.
Il desiderio condiviso, dalla comunità di Nonantola e dalla diocesi tutta, è quello di tornare al più presto in Abbazia.