Sintesi diocesana dell’ascolto nei gruppi sinodali

1.      Introduzione

Questo documento racchiude in una breve sintesi tutto ciò che è emerso all’inizio di questo cammino sinodale nella Diocesi di Modena-Nonantola. I referenti dei gruppi sinodali diocesani sono stati guidati fin da subito dal proprio Vescovo e coinvolti in questo grande evento, che nel corso del cammino si è rivelato in realtà uno stile, un modo di essere Chiesa e comunità. Fin da subito sono state coinvolte parrocchie, associazioni, movimenti, scuole e gruppi di vario genere e provenienza, con la proposta di incontrarsi, di fare gruppo e camminare insieme con la preghiera, la condivisione e la riflessione circa la Chiesa. Non sono mancati anche alcuni incontri diocesani ai quali hanno partecipato molte di queste realtà. Inizialmente era più o meno condivisa dai partecipanti una certa titubanza riguardo la richiesta del Sinodo, ma col tempo la risposta è stata importante e sentita. Rimane in alcuni di coloro che hanno partecipato a questo Sinodo il timore che quanto fatto e consegnato finisca per perdersi nel “mucchio”, e per questo l’equipe sinodale si è impegnata al massimo per restituire a Roma il più completo e trasparente documento di sintesi, anche a fronte delle 250 schede ricevute.

Come Diocesi di Modena-Nonantola, vogliamo sottolineare l’importanza di aver condiviso alcune fasi del nostro cammino coi referenti della Diocesi di Carpi, nostra vicina con la quale condividiamo la persona del Vescovo. Il confronto e la condivisione su molti aspetti, soprattutto quelli iniziali, è stata una ricchezza e una spinta senza le quali non avremmo raggiunto facilmente l’obiettivo. Senza accorgercene, abbiamo camminato insieme con stile sinodale.

Tra i vari temi arrivati alla nostra Diocesi, quelli che sicuramente emergono per numero sono l’ascolto e i compagni di viaggio. Questa statistica mostra fin da subito un forte desiderio (forse suggerito dagli ultimi anni di pandemia) di sentirsi comunità unita anche e soprattutto dentro la Chiesa. In realtà i dialoghi emersi durante i gruppi sinodali sono quasi sempre stati trasversali e spesso sono usciti dalla traccia che il gruppo si era inizialmente dato. Subito abbiamo percepito questo fatto come un disordine che avrebbe un po’ ostacolato la realizzazione di questa sintesi, ma abbiamo poi capito l’importanza di questi discorsi che, guidati dallo Spirito, mostrano un forte desiderio di confrontarsi e parlare della Chiesa e per la Chiesa. Per questo la nostra sintesi non si sviluppa seguendo i nuclei tematici proposti, ma si articola intorno a tre grandi categorie che abbiamo ritenuto possano racchiudere pareri ed esperienze affini: l’ambito scolastico ed educativo, l’ambito parrocchiale e l’ambito sociale. I nuclei tematici sono quindi serviti come spunto, come punto di partenza per cominciare il cammino, in attesa di trovare il percorso giusto, cioè quello sinodale di Chiesa.

L’equipe sinodale, composta di quattro membri, si è divisa le schede ricevute per poi confrontarsi sui contenuti, sulle idee che più emergono, che sono più sentite. Segue quanto raccolto.

2.      La sintesi

a.      Ambito scolastico ed educativo

Alcuni insegnanti della diocesi hanno coinvolto i ragazzi delle scuole in numerosi incontri di dialogo sinodale sulla Chiesa.

I dialoghi svolti in classe hanno evidenziato luci e ombre intorno alla Chiesa. Non mancano le critiche a quella che è percepita come una scarsa modernità nelle azioni e nei modi di pensare. In generale, alla Chiesa è chiesto una maggiore apertura e accoglienza, in particolare nei confronti delle minoranze e di coloro che appartengono alle categorie LGBTQIA+. Alcuni si stupiscono di quelli che sono i privilegi della Chiesa, non solo economici, ma anche di potere, come l’influenza che può esercitare il Papa, la possibilità di mantenere aperti i luoghi di culto anche durante il periodo di massima chiusura dovuta alla pandemia. Questi ed altri aspetti creano una spaccatura tra Chiesa “religiosa” e Chiesa “istituzionale” e questo forte contrasto induce a dubitare e ad allontanarsi da essa. Le critiche sembrano nascere dallo studio della storia passata e dalle notizie trasmesse dai media, sfavorendo così un punto di incontro con i lontani e non praticanti. Alcuni ragazzi chiedono alla Chiesa una maggiore coerenza con quanto professato, citando anche i casi di pedofilia che gettano discredito sulla credibilità dei sacerdoti e dei valori cristiani che trasmettono.

Talvolta queste critiche sono in contrasto con l’esperienza vissuta nelle parrocchie o presso gli scout in passato, quando i ragazzi erano più piccoli, perché il ricordo che rimane di quegli anni è positivo.

C’è comunque un’opinione su quale sia la missione della Chiesa: la Chiesa è (o dovrebbe essere) un luogo di accoglienza, di conforto, che aiuti i più bisognosi con gratuità. Alcuni riconoscono e ammirano la figura del Papa che è segno di vicinanza al popolo, che permette di arrivare a conoscere Dio. È stato menzionato poco riguardo i parroci, ma risalta una critica sul fatto che siano visti come una sorta di psicologi (forse il tema è legato al sacramento della riconciliazione o alla figura di guida spirituale). Sulla vita parrocchiale traspare un’indifferenza nei confronti della liturgia che spesso è percepita come noiosa e antiquata a causa del fatto che molti giovani non sentono di conoscere e cogliere il vero significato di queste celebrazioni, mentre si parla spesso di azione (come le attività socialmente utili) e attenzione verso gli ultimi.

Certo non mancano anche pareri totalmente positivi nei confronti di una Chiesa che è vista come vero luogo di salvezza che avvicina a Dio. Tuttavia spesso il catechismo e la celebrazione risultano un obbligo e, col tempo, quando il ragazzo cresce, si preferisce frequentare altri ambienti più affini alla propria età e al costume.

Alcune realtà parrocchiali sono impegnate con enti comunali per creare luoghi educativi per i giovani, per dare loro un’alternativa ad ambienti forse pericolosi e per rimediare a questa perdita.

Rimanendo in tema “giovani”, ci sono arrivate anche alcune schede che riportano i pareri dei bambini più piccoli. Per quanto breve sia il contributo, riportiamo che gli aspetti che prevalgono mostrano una Chiesa (in particolare la parrocchia) come luogo dove stare insieme, dove è possibile condividere con tutti (anche con i meno fortunati) dei bei momenti di comunione.

Dall’altra parte, riportiamo anche qualche commento emerso dagli insegnanti, da coloro che si occupano dell’educazione di questi ragazzi. Per alcuni insegnanti, la missione educativa è messa a dura prova nel contesto di oggi dove ci si sente abbandonati sia dall’istituzione scolastica che dalla Chiesa. Emerge il fatto che, di fronte a classi di ragazzi non praticanti, le ore di religione sono efficaci e arricchenti quando il dialogo con gli studenti è fondato sullo scambio, sulla riflessione critica e sulla condivisione di valori, senza porsi in modo giudicante durante questi momenti di confronto. Quando viene proposto questo stile (potremmo dire, sinodale), sembra aprirsi un’occasione feconda per instaurare o restaurare un dialogo tra la Chiesa e i giovani di oggi. Oltre a questo si è anche riconosciuto tra gli insegnanti un forte desiderio di conoscenza della Parola oltre all’organizzazione delle semplici attività scolastiche.

Alcuni insegnanti hanno anche mostrano un certo disagio quando certi gesti diseducativi si sono manifestati proprio all’interno della Chiesa: l’esempio riportato cita la presenza di un parroco che trascurava le norme vigenti contro la pandemia, entrando nella sfera puramente “sociale” in modo poco educativo. In questo episodio si ricorda che l’essere guida o educatore è trasversale tra la sfera religiosa e quella sociale, per cui è necessario fare sempre attenzione con i ragazzi. Altri aspetti sono emersi tra gli insegnanti, ma poiché compaiono anche per altre categorie, saranno riportati più avanti.

Rimanendo in tema “giovani”, lo scoutismo mostra qualche aspetto in più intorno alla figura della Chiesa. Lo scoutismo è un punto di riferimento sia per i giovani che già frequentano gli ambienti parrocchiali sia per chi, pur non frequentando, vede nel movimento un interlocutore a loro affine, in grado di cogliere e accogliere il loro sentire. Lo scoutismo è in grado di intercettare il sentire dei giovani e parlare la loro lingua. Gli scout infatti sono percepiti come una realtà di frontiera in grado di parlare ai vicini e ai lontani, ed è diffuso e apprezzato dai giovani perché tratta tematiche a loro care con un atteggiamento proattivo e un linguaggio adeguato, tra tutte compaiono l’ecologia e la progressione personale, ovvero lo sviluppo delle capacità decisionali per la crescita dell’individuo e per il proprio senso di responsabilità. Sorge il desiderio della spiegazione della Parola, anche perché capita di frequentare gli scout senza partecipare alle celebrazioni: “per la maggior parte dei ragazzi, gli scout sono l’unica realtà cristiana che vivono”. Partecipare alle celebrazioni insieme, come gruppo scout, potrebbe aiutare a frequentare di più le parrocchie.

Alcuni hanno il desiderio di attualizzare il metodo scout nella società, nella vita parrocchiale ed eucaristica e riconoscono l’importanza di armonizzare le relazioni tra il parroco e i laici. La figura del parroco rimane però troppo centrale e legata all’amministrazione delle strutture parrocchiali, tant’è che quando questo viene sostituito si stravolge tutta la comunità.  Emerge il desiderio di vedere la figura femminile più attiva nella celebrazione.

Per quanto riguarda il rapporto col mondo esterno, alcuni comunicano un certo timore nell’esprimere la propria fede con coloro che non frequentano la vita parrocchiale, perché la Chiesa si mostra antiquata, non al passo coi tempi.

b.      Ambito parrocchiale

Dalle parrocchie è arrivata un’importante risposta sia per i numeri sia per i temi affrontati. Si è notata una partecipazione sia da parte dei fedeli più attivi che da quelli che si considerano più ai margini, segno di buon coinvolgimento da parte dei referenti dei gruppi sinodali che hanno colto lo stile e l’obiettivo del Sinodo. I temi più affrontati riguardano l’accoglienza degli emarginati e l’ascolto all’interno della comunità, facendo affiorare alcune proposte per migliorare la vita parrocchiale. Moltissime schede non riportano altro che alcune riflessioni riguardo il significato delle importanti parole suggerite dal Sinodo oppure presentano moltissime domande, alle quali non si danno molte risposte: queste sono schede che possiamo ritenere altamente riflessive e che appaiono come un primo approccio al Sinodo, in preparazione al cammino.

Lo stile proposto dal Sinodo, ovvero la conversazione spirituale, è stato apprezzato dai più in quanto ha offerto l’occasione di creare momenti di comunione e condivisione all’interno della parrocchia. “Ci si è scoperti in debito di ascolto”, riconoscono in molti. C’è un grande bisogno di parlare, ma si fatica ad ascoltare l’altro perché non c’è tempo, o a volte non c’è lo spirito. La pandemia ha accentuato questa difficoltà, perché siamo stati portati a pensare più alla distanza dagli altri che alla vicinanza; il lockdown, infatti, ha trasformato le differenze in ostacoli anziché in occasioni di confronto e conforto. Il fenomeno della pandemia ha esacerbato e acutizzato difficoltà preesistenti che già riguardavano la vita parrocchiale: tra queste compaiono il non sentirsi coinvolti e parte della comunità, il sentirsi spettatori e non protagonisti. In molti si sentono esclusi e questa condizione disincentiva l’iniziativa di proporsi e di partecipare alla vita quotidiana della parrocchia. Alcuni propongono soluzioni a questi problemi col fine di valorizzare i carismi di tutti i fedeli per integrarli alla vita comunitaria: invitare i parrocchiani ad essere più accoglienti con le persone più distanti, con particolare attenzione nei confronti di chi ha subito lutti o sta attraversando momenti di difficoltà. C’è anche una certa attenzione nei confronti delle persone divorziate o conviventi, i quali sono soggetti a pregiudizi, sono spesso etichettati. Si chiede di ritrovare la condivisione come modo di essere comunità, organizzando momenti di preghiera, coinvolgendo anche i giovani, invitandoli con un linguaggio appropriato. La Chiesa potrebbe essere più paziente nell’educare i cristiani e trasmettere la ricchezza straordinaria della preghiera e delle celebrazioni.

Esaminando queste proposte, si vede come oggi si debba ripensare e talvolta reinventare il ruolo e le modalità con cui il laico e il sacerdote operano all’interno della comunità. Emergono due diverse sensibilità intorno al ruolo del parroco: chi riconosce nel sacerdote un punto di riferimento e una guida nella vita comunitaria della parrocchia, chi invece vede il sacerdote come una figura distante, impegnata soprattutto nell’amministrazione dei beni materiali della parrocchia più che dei parrocchiani e in più troppo autoritaria. A tal proposito, qualcuno sostiene che nella Chiesa si sperimenti poco il dialogo e che più che un luogo accogliente sia un luogo dove si trovano verità “già pronte e servite” che a volte possono anche impedire una crescita a livello personale. I parroci sono spesso sovraccarichi di impegni dovuti alla gestione delle strutture, delle varie celebrazioni su tutto il territorio, degli incarichi diocesani, finendo per trascurare le relazioni coi propri fedeli. Basta poco, come un gesto di accoglienza prima della messa da parte del parroco per far sì che i fedeli non si sentano più trascurati, ma inclusi e accolti. È quindi richiesto un impegno nell’equilibrare e valorizzare il ruolo del laico nella Chiesa, perché questo non si senta cliente di un servizio garantito da pochi, ma parte attiva e soprattutto corresponsabile della propria comunità. “Le parrocchie sembrano erogatori di servizi piuttosto che luoghi di incontro tra la Parola e la società”. La parrocchia spesso appare come una realtà chiusa con ruoli e compiti già prestabiliti e assegnati, dentro ai quali è difficile inserirsi e sentirsene parte perché ci sono degli ostacoli, dei muri. C’è chi richiede una maggiore attenzione agli anziani, spesso visti solo come un posto occupato nei banchi e non come persone bisognose di ascolto e interesse, che inoltre, a causa della pandemia, si sono allontanate dalla parrocchia seguendo le celebrazioni alla televisione. Nei paesi più piccoli, spesso in montagna, c’è anche difficoltà da parte degli anziani a partecipare alla vita parrocchiale. È quindi aumentata la distanza generazionale con gli anziani, così come accade con i più giovani.

Per quanto riguarda i giovani, alcuni affermano che la Chiesa eserciti un’eccessiva chiusura nei confronti delle nuove generazioni e la invitano quindi a cambiare il proprio metodo e il proprio linguaggio già a partire dal catechismo, proponendo un metodo basato sul dialogo, sull’esperienza di vita vissuta e sulle testimonianze, coinvolgendo la comunità e i suoi parrocchiani. Alcuni sostengono che è anche compito dei giovani avvicinarsi e farsi coinvolgere in parrocchia, cosa però difficile in una società dove sembra che Dio non interessi. “L’autorità e l’autorevolezza sono legati all’aspetto della credibilità”, tema molto caro a tutti, soprattutto ai ragazzi. I giovani e la società sono cambiati, quindi la Chiesa dovrebbe agire di conseguenza con nuovi approcci, anche per far fronte alla mancanza di vocazioni. Tra le varie proposte sorge anche l’importanza del catechismo, che qualcuno rinnoverebbe nei metodi suggerendo di trasmetterlo già in casa, in famiglia. Invece sembra che le famiglie deleghino la formazione religiosa dei figli esclusivamente alle parrocchie, non ritenendosi corresponsabili della loro fede. Il tema dell’evangelizzazione presso le mura domestiche è proposto anche altre volte con lo scopo di aumentare la consapevolezza sulla celebrazione (tema importante anche per l’inclusione dei giovani).

Molti ricordano che tutte queste attività e iniziative non sono nulla se non fondate sulla Parola, perché questa è il motore di tutto e deve essere sempre al centro: “occorre conversione teologica per aderire al nostro ruolo attivo nella parrocchia”. Moltissime sono le proposte di maggiore preparazione, formazione e partecipazione all’Eucaristia, alla preghiera personale e comunitaria. Traspare un desiderio di “vivere la celebrazione”, di coniugarla con la propria vita, concentrandosi sulla qualità più che sulla quantità. Senza queste cose, non c’è modo di fare una vera comunità cristiana che risponda a tutte le richieste che in questa sintesi sono riportate.

Per quanto riguarda il ruolo della Chiesa nella società, ci sono visioni diverse su quelle che sono le sue possibilità e i suoi doveri. C’è chi sostiene che il compito della Chiesa sia quello di insegnare, educare il mondo in cui viviamo, senza scendere a compromessi; chi sostiene che l’epoca in cui viviamo costringa la Chiesa a cambiare, non tanto nei contenuti quanto nella forma, nei metodi e nel modo in cui si propone alla società (in particolare alle nuove generazioni). “Con la società il dialogo è proficuo quando si fonda su condivisione e rilancio”. Qualche accenno sulla posizione della Chiesa nel mondo nota come si stia perdendo un’identità politica e come ci si stia omologando alla società.

Nelle parrocchie non si nasconde una certa perplessità riguardo il Sinodo in atto, sia nei metodi che nei tempi scelti, perché in questo periodo è tutto da rifondare. In realtà moltissimi gruppi sinodali hanno fin da subito apprezzato il metodo di condivisione e di ascolto di questo cammino. Sono tanti gli spunti che sono arrivati attraverso le schede, molti ricorrenti, altri originali. In generale è chiesta una Chiesa più aperta che abbracci tutti, una Chiesa di tutti e per tutti. Molte volte emerge il bisogno di preghiera comunitaria, di formazione alla fede, di una vita parrocchiale basata sul Vangelo. In qualche caso, questo bisogno deriva dai mesi di lockdown, dove le persone hanno scoperto una dimensione diversa della Chiesa. “La preghiera univa durante la pandemia”, e deve continuare a farlo. “Non si può essere cristiani da soli”.

Rimanendo nell’ambito parrocchiale, è degna di nota anche la risposta dei diaconi a questo Sinodo. A differenza dei laici delle parrocchie, i diaconi mettono in evidenza altri aspetti della vita parrocchiale: molti spunti fanno riferimento alle numerose strutture a disposizione delle parrocchie, in contrasto con lo scarso numero dei loro amministratori.

I diaconi vedono i parroci molto impegnati nel gestire ed amministrare le strutture, tant’è che alcuni di questi propongono di ridurle (anche tramite la vendita o l’affitto ad enti esterni), di raggruppare le parrocchie lontane dai centri abitati (anche se dalle schede dei parrocchiani si è percepito un certo dissenso a questa pratica, perché i fedeli si sentono abbandonati), di chiudere tutte le attività non prettamente parrocchiali che non portano profitto. Tutto nasce dalla mancanza di presbiteri, da cui deriva la proposta da parte dei diaconi di mettersi a disposizione e dare aiuto.

I diaconi portano molte proposte, soprattutto in soccorso ai fedeli che faticano ad entrare nelle comunità. Suggeriscono gesti di accoglienza prima e dopo la celebrazione, soprattutto per quelli che partecipano solo la domenica, che non hanno ruoli in parrocchia o nella celebrazione e che sembrano soli. Invitano ad essere più attenti alle persone che ai ruoli o alle strutture, di cambiare modo di fare Chiesa, perché i parroci sono molto impegnati, ma la cura della Chiesa è compito di tutti. Per questo chiedono maggiore collaborazione da parte dei parroci in modo che non deleghino loro solo le attività che non vogliono svolgere. Qualche scheda ha riportato il fatto che i diaconi si sentano apprezzati dai fedeli laici per quello che fanno, ma allo stesso tempo si sentono anche contrastati dai sacerdoti. Alcuni sostengono di sentirsi il ponte tra i parroci e i fedeli e per questo c’è un forte senso di responsabilità sulla vita spirituale di tutta la comunità: abbiamo registrato proposte di ritornare al fondamento della Parola, per invitare i parrocchiani alla preghiera.

In alcune schede si invita ad essere più aperti alla cultura di oggi, senza necessariamente scendere a compromessi, ma nemmeno senza giudicare, perché il giudizio porta alla chiusura e all’allontanamento.

L’eccessiva differenza generazionale ha creato un vuoto da sanare ed è giunto il momento di attivare nuovi canali comunicativi per e con i giovani. La società è in debito di ascolto con tutte le generazioni e la pandemia ha trasformato la distanza in divisione: la Chiesa deve aprirsi e riallacciare le relazioni, anche intergenerazionali.

Infine si spera in una maggiore vocazione al diaconato, così come si chiede anche un’apertura maggiore alla donna all’interno della Chiesa, in particolare all’accolitato e al lettorato.

c.       Ambito sociale

I movimenti e le associazioni che ci hanno scritto hanno riportato aspetti molto simili a quelli emersi dal contesto parrocchiale e pertanto non sarà riportato tutto.

C’è una maggiore attenzione nel rapporto tra Chiesa e società e nell’accoglienza di chi ne ha bisogno. Si invita ad una maggiore collaborazione tra le realtà parrocchiali, sociali e comunali per quanto riguarda la cura e l’educazione dei giovani, e sono presenti anche alcune proposte. Alla Chiesa si chiede un grande impegno, in quanto figura centrale della comunità: serve l’aiuto di sacerdoti e parrocchiani per una vita sociale fondata sull’inclusione e l’aiuto del prossimo. Si invita a pensare a ruoli strutturati con precisi compiti di accoglienza per garantire la sincera e continua integrazione di tutti, dalle famiglie in difficoltà fino agli emarginati, perché tutti valgono. “Prima dei servizi, del supporto, dell’assistenza, è importante la fiducia che dobbiamo trasmettere al prossimo”. Spesso l’inclusione appare difficile e piena di ostacoli, ma con l’impegno di sacerdoti e soprattutto laici è possibile. Alcuni gruppi hanno notato come nelle realtà (come i movimenti) prive di una figura sacerdotale, i laici si sentono più corresponsabili e integrati nella missione.

Molti citano anche l’importanza delle relazioni interreligiose, soprattutto quando il tema è legato all’accoglienza di persone che provengono dall’estero con culture e fedi differenti dalle nostre. L’accoglienza, anche in questo caso, risulta fondamentale per operare da cristiani nella società, che ci chiama ad impegnarci anche delle persone più “lontane”. Il rispetto reciproco e lo scambio culturale tra le varie religioni sono già praticati in molti contesti con successo e si invita tutti ad attivarsi in questo senso. Si chiede maggiore disponibilità di ascolto, cercando “punti di unione, senza per questo perdere i punti fermi della fede”.

3.      Conclusioni

In questo primo anno di cammino sinodale sembra che le titubanze iniziali siano andate pian piano svanendo lasciando il posto alla voglia di mettersi in cammino. La conversazione spirituale, che ne è stata la cifra distintiva, ha fatto riscoprire in tutti la voglia di rifondare le proprie comunità e realtà sulla Parola; l’esercizio di ascolto verso l’altro ha fatto emergere il bisogno di ascolto del Vangelo e della Parola di Dio.

Significativo e in parte inaspettato è stato il cospicuo coinvolgimento dei giovani che ci hanno offerto una immagine della Chiesa vista attraverso i loro occhi, non priva di critiche ma certamente preziosa per una riflessione più ampia sul ruolo di questa all’interno di una società in continua evoluzione e cambiamento.

La sensazione è quella di essere solo all’inizio e di avere ancora molta strada da fare, ancora molti passi da compiere che necessitano di essere accompagnati e guidati in modo che tutto quanto emerso in questo anno non vada disperso, ma al contrario sia seme gettato da coltivare e curare affinchè possa dare i migliori frutti. Le molte relazioni e scambi nati in occasione dei gruppi sinodali formatisi in questo tempo non devono essere una parentesi che si è conclusa, ma un percorso che è solo iniziato e che anzi si spera si allarghi a macchia d’olio coinvolgendo e intercettando coloro che sono rimasti esclusi e non sono stati raggiunti in questa prima parte di cammino.

I referenti diocesani Francesca Cintori e Lorenzo Cuoghi
I membri dell’equipe sinodale Maria Chiara Galli e Francesco Cosenza